Le parole di questo tempo
Per "Il filo delle memorie", la testimonianza di Silvano Corli, Direttore della Rsa di Concesio
Rsa, un acronimo, sconosciuto ai più, che in questa pandemia ha spesso trovato posto nelle prime pagine dei giornali. Purtroppo, il più delle volte, con una accezione negativa e talvolta drammatica. “Avvenire” nel periodo più acuto della pandemia ha dedicato più di un articolo al tema. Giacobini le ha presentante come “strutture segreganti, umilianti della dignità personale, espressione lontanissima a qualsiasi logica di abitare sociale, di inclusione, di prossimità e di trasparenza verso il territorio”.
Altri, con scarso senso di opportunità, hanno insistito sulle alternative alle Rsa senza rendersi conto che oggi le famiglie ricorrono a tale servizio quando le condizioni di salute richiedono cure appropriate sul piano clinico e assistenziale, che non possono essere prestate in maniera adeguata a casa. Una retorica delle alternative che rischia di privare gli anziani e le loro famiglie di atti di cura qualificati e spesso salvavita.
Come avranno vissuto le famiglie, già sofferenti per la separazione forzata dai loro cari dovuta alla pandemia, tali giudizi generalizzati e approssimativi? Quali sentimenti avrà suscitato negli operatori, impegnati in un difficile compito di assistenza e cura, il disconoscimento del loro servizio e del loro impegno? Quali attenzioni saranno rivolte a questi servizi se considerati come il segno di una sconfitta della lealtà tra generazioni e dell’impegno riconoscente di una comunità verso i propri anziani?
In questo scenario ci ha consolato la parola del Vescovo che ci ha offerto la possibilità di essere la sua mano benedicente e consolatrice. Ci ha fatto sentire meno soli.
Ci hanno consolato la solidarietà di una comunità che si è fatta attenta alle nostre fatiche accanto alla professionalità e alla dedizione silenziosa e nascosta di molti operatori che non si sono risparmiati per offrire a nostri anziani “l’assistenza e le cure necessarie, il rispetto della loro dignità, l’attenzione a lenire i sintomi più gravi, l’affettuosa vicinanza in un ultimo passaggio vissuto senza il conforto dei familiari fino alla doverosa pietas per le loro spoglie mortali” (Giovanni Battista Guerrini, Giornale di Brescia del 29 aprile).
Se ogni fatica senza senso diventa sofferenza, è stato motivo di consolazione lo sguardo e le parole di quanti hanno saputo riconoscere senso e significato del nostro agire.