Le lacrime della maestra
La maestra di Amatrice guarda sconsolata le macerie e si sente coinvolta in prima persona
Nell’epoca del giornalismo 2.0, con internet che spopola, il terremoto nel Centro Italia è diventato un evento “social”, condiviso, forse come non mai prima, sia per quanto riguarda le notizie – continuamente aggiornate “in tempo reale” – sia, soprattutto, per quanto riguarda le emozioni. Tra gli innumerevoli filmati, uno, merita uno sguardo particolare. È stato girato davanti alla scuola “Romolo Capranica” di Amatrice, ridotta in macerie dal terremoto. Una donna, giovane, in lacrime, spiega al cronista: “È la scuola media e elementare”. E poi racconta, commossa: “Ho insegnato per tanti anni qui, fino allo scorso anno. Quest’anno no…”. Non riesce ad andare avanti, “È incredibile”, dice tra i singhiozzi. Un’altra giornalista le chiede: “Ma lei è proprio di qui, signora? Proprio di Amatrice? No io sono di vicino L’Aquila, ma ho pensato ai miei alunni… qualcuno l’ho trovato, qualcuno no…”. Poi di nuovo le lacrime hanno il sopravvento. “Scusatemi…”, si schermisce. “Ci scusi lei”, chiude la giornalista, tirandosi rispettosamente indietro. Restano le immagini: una scuola distrutta, una maestra che piange. Anche l’invadenza abituale dei media sente il dovere di fermarsi di fronte a una testimonianza che lascia intravedere l’intensità di quel “rapporto di cura” che è proprio del mondo della scuola. “I care”, diceva e scriveva don Lorenzo Milani. Mi interessa, mi importa, ho a cuore… In due parole il sacerdote e maestro fiorentino riassumeva le finalità di cura educativa della scuola, che voleva orientata a promuovere apertura e sollecitudine per l’altro, con attenzione e rispetto, capace di sollecitare anche una presa di coscienza civile e sociale.
Vengono in mente queste riflessioni guardando e ascoltando le parole e le lacrime della maestra di Amatrice. Che si sente in dovere di arrivare, da un altro paese, a cercare i suoi alunni. Che guarda sconsolata le macerie e si sente coinvolta in prima persona. È parte, lei stessa, di una comunità che non ha confini geografici, ma è costruita sul quel reciproco legame di cura che può realizzarsi e crescere proprio nelle aule scolastiche. Un legame di cura che è poi lo stesso alla radice della mobilitazione ogni volta imponente dei volontari che accorrono a dare una mano a chi ha bisogno. Dove si impara? Non si misura con i test Invalsi o Pisa, ma la maestra di Amatrice lascia sospettare che la scuola, la nostra scuola qualche (buona) responsabilità ce l’ha.