Lavoro: mancano gli ispettori
“Non si capisce perché il sindacato, anziché dedicarsi a utilizzare al meglio ed eventualmente implementare gli strumenti che ha conquistato, preferisca dar vita ad una propaganda piangente e affranta, annaffiata di abbondantissima retorica, il cui risultato (forse non voluto, forse sì) è di comunicare una strage, un’ecatombe senza fine che cresce ormai senza limiti”. Il tema è quello degli infortuni e dei morti che avvengono nei luoghi di lavoro, e a scrivere parole così dure è Claudio Negro, non uno dei tanti detrattori della rappresentanza del mondo del lavoro, ma uno che ha fatto sindacato per tanto tempo. Forse anche per questo le sue parole feriscono. A sostegno della tesi vengono citati dati Inail: tra il 1971 e il 1980 la media dei decessi sul luogo di lavoro era 8,1 al giorno, fra il 1981 e 1990 era 5,7 al giorno, fra il 1991 e il 2000 era 4,1; fra il 2001 e il 2020 intorno a 3,5. Insomma: norme, criteri, procedure e diritti di intervento e controllo del sindacato hanno prodotto risultati importanti. È vero? Certo che è vero, e il sindacato ne è giustamente orgoglioso. Ma senza alcuna soddisfazione. In un sistema informativo che sembra avere derubricato il sindacato da soggetto a variabile del sistema economico e produttivo, trovare ascolto non sempre è facile. E la battaglia per la sicurezza non si vince dandoci pacche sulle spalle perché muoiono “solo” 3,5 lavoratori al giorno.
Con buona pace dello sguardo macro su queste tragedie, nella nostra provincia da gennaio a marzo 2021 le denunce di infortunio erano state 3.193: quest’anno, nello stesso periodo, sono state 5.793. Un incremento percentuale dell’81%. Propaganda piangente e afflitta? Dare continuità all’azione di prevenzione è un bisogno irrinunciabile, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Io penso che debba essere messo in campo ogni sforzo per impedire che passi l’idea che morire sul posto di lavoro è un rischio da mettere in conto, che si consideri “normale” una certa soglia di infortuni. Il problema non è gridare al lupo al lupo, ma riuscire a mantenere alta l’attenzione sulla prevenzione. Come mi capita di dover ripetere spesso, la sicurezza non si conquista una volta per tutte, perché la routine è sempre una minaccia, perché la stanchezza abbassa la soglia di attenzione, perché le maglie dei controlli da parte degli enti pubblici si sono fatte troppo larghe. In 10 anni abbiamo perso a Brescia il 30% dei controllori Ats e il 60% delle ore dedicate all’attività ispettiva. Propaganda piangente e afflitta?