Lavoro e nuovi modelli pastorali
C’è chi la Festa del lavoro l’ha celebrata in piazza o per le strade, in corteo per chiedere ascolto e rivendicare provvidenze, oppure cantando alla luna sotto il cielo di Roma, ma anche in una sala per discutere su come ridare anima e senso civico al lavoro, alla ricerca di parole e progetti utili a incanalare gli anni che verranno non solo alla ricerca di occupazione e salario...
C’è chi la Festa del lavoro l’ha celebrata in piazza o per le strade, in corteo per chiedere ascolto e rivendicare provvidenze, oppure cantando alla luna sotto il cielo di Roma, ma anche in una sala per discutere su come ridare anima e senso civico al lavoro, alla ricerca di parole e progetti utili a incanalare gli anni che verranno non solo alla ricerca di occupazione e salario, ma soprattutto alla valorizzazione dell’opera umana ai fini della conservazione e valorizzazione del creato. In qualunque modo, il lavoro è stato al centro dell’interesse di tutti. I padri Piamartini, forti del “Pietas et Labor” che il loro fondatore San Giovanni Battista Piamarta ha posto all’origine della Congregazione, hanno affidato a una giornata di studio il compito di leggere il presente e di indicare le linee guida per essere segno di buon futuro. Dentro le varie celebrazioni della festa si sono intrecciate le storie di Maria, Giovanni, Ernesto e di altri mille e mille come loro disoccupati, in cerca di lavoro: a Maria il lavoro servirebbe per vincere la depressione che l’ha assalita di fronte alle porte trovate sempre chiuse; a Giovanni per avere un base sulla quale impostare una famiglia; a Ernesto per non sentirsi inutile dopo che all’età di cinquant’anni ha visto il lavoro esercitato per tre decenni abbondanti svanire insieme alla fabbrica che considerava come sua seconda casa. Maria, diploma di segretaria d’azienda e due anni abbondanti donati al Brasile dei ragazzi di strada come volontaria cerca disperatamente un lavoro qualsiasi per sé e per la famiglia provata da eventi dolorosi. Giovanni, trentatré anni compiuti, diplomato ragioniere col massimo dei voti ma diventato per necessità un esperto di lavori occasionali e malpagati, alla fidanzata va dicendo che appena trova un lavoro stabile la sposa.
Ernesto, reduce dall’ennesimo colloquio senza esisto (“troppo vecchio e troppo bravo per l’economia dell’azienda” gli dicono alla fine) spera… Le loro storie, indirettamente, hanno fatto capolino anche nella giornata di studio promossa dai padri Piamartini su “attualità e prospettive del lavoro” sulle quali, dopo l’introduzione del Superiore generale padre Giancarlo Caprini invitante ad avere il coraggio di coniugare “preghiera e lavoro”, ha argomentato Savino Pezzotta, cinquant’anni di sindacato Cisl alle spalle e ancora tanta voglia di offrire la sua voce a chi si sta attrezzando, culturalmente e spiritualmente, a vivere tempi e mutazioni tecnologiche che paventano scenari inediti per l’umanità. “Il lavoro, che per lungo tempo è stato segno di speranza – ha detto Pezzotta – è adesso diventato segno di preoccupazione, spesso con sfaccettature drammatiche”. Che fare? Preso atto che si è inceppato il binomio lavoro/sicurezza è necessario prepararci alla cosiddetta quarta rivoluzione industriale in cui il prevalere della tecnologia sarà determinante. “Nulla di preoccupante – secondo l’ex sindacalista –, ma spaventoso se non diventiamo protagonisti credibili e affidabili del cambiamento”. Si tratta allora di inventare azioni e anche modelli di pastorale per un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale; un lavoro per tutti, così che a tutti sia riconosciuta piena dignità. Per i Piamartini, la strada verso questa “nuova” conquista di un lavoro “nuovo” passa attraverso l’educazione e la formazione.
Giuseppe Raineri, direttore dell’Afgp (Associazione Formazione Giovanni Piamarta) ragionando su “organizzazione e progettazione didattica” in funzione dell’era 4.0, non ha esitato a invitare la Congregazione Piamartina a elaborare un modello formativo unitario, a predisporre linee guida conseguenti e coraggiose, ad assicurare lo sviluppo professionale dei formatori, a lanciare una campagna nazionale di buona comunicazione e a rafforzare un dispositivo permanente di monitoraggio della realtà. “Tutto questo – ha detto – se si vuole assicurare ai ragazzi, che a noi chiedono formazione, un buon lavoro e un buon futuro”.