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di MASSIMO GANDOLFINI 18 lug 2019 10:24

Lambert e la cultura dello scarto

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Lambert viveva di amore accudente ed è morto di fame e di sete, esattamente come capita a chiunque non mangia e non beve, esattamente come capita al neonato abbandonato in un cassonetto

Purtroppo è accaduto quanto da molti anni stiamo denunciando: quando si abbandona la strada della verità, in primis della verità biologica, la strada verso ogni tipo di abuso contro la vita diventa una prateria senza limiti. Quando avanzano le “colonizzazioni ideologiche” – per dirla con Papa Francesco – la cultura dello scarto trionfa e miete vittime. Il caso Vincent Lambert è tragicamente emblematico. Dobbiamo iniziare facendo chiarezza sugli aspetti clinici, confutando– non tocca a me dire se ad arte o per ignoranza – una serie di falsità scientifiche che non consentono di comprendere fino in fondo la gravità di quanto è accaduto. Vincent non era un malato terminale, non era affetto da una malattia maligna inguaribile, non era “attaccato” a nessuna macchina e, quindi, non c’era nessuna spina da staccare. Era una persona che viveva da circa dieci anni in uno stato di grave disabilità che lo rendeva totalmente non autonomo e dipendente dalla solidarietà di altri, anche per le necessità elementari della vita quotidiana, prima fra tutte la nutrizione (acqua e cibo). Si è parlato di “stato vegetativo”, permanente e irreversibile. Altri due errori. Lambert non era in stato vegetativo, ma in stato di minima coscienza e, comunque, nel mondo scientifico non c’è più un solo addetto ai lavori che firmerebbe una dichiarazione di “irreversibilità” o di “terminalità” per almeno due ragioni fra loro connesse: perché sono ormai parecchie decine i casi di recupero variabile della funzione cosciente, anche dopo molti anni, registrati e documentati nel mondo, e perché è semplicemente assurdo (ma sarebbe più corretto dire “ideologico”) parlare di “terminale” considerato che queste persone (non vegetali! È ormai acclarato che sono dotati di una forma di coscienza primaria, non comunicabile) vivono per molti anni se adeguatamente accudite. La brutta realtà è purtroppo un’altra: sta imponendosi una visione dell’uomo che avevamo sperato fosse morta con la caduta del nazismo e del comunismo (non a caso affratellati dall’approvazione di leggi eutanasiche): quella delle “vite indegne di essere vissute”. Il giudizio di “dignità – qualità” della vita viene fatto dipendere dalla capacità di autonomia e di autonomia di valore della persona.

Chi non è dotato di un pedigree al top, perché non in grado di accudire sé stesso, non in grado di mangiare o bere da solo, non in grado di svolgere azioni qualificanti, ma è – al contrario – un costo per la società, un peso morto improduttivo, la cui semplice presenza “disturba” la quiete tutta lustrini e slogan della cultura del bello, sano e giovane che sta infettando il nostro tempo, non è degno di vivere e non deve essere accudito. Si materializza così la “falsa pietà” contro cui ci ha messo in guardia Papa Francesco: anestetizziamo le coscienze enfatizzando la categoria dell’accanimento terapeutico e cancelliamo così ogni senso di colpa, liberiamoci da remore morali perché eliminare quelle persone non è uccidere, non è un omicidio, non è il prodotto della violenza arrogante del più forte, non è la viltà che spazza via l’incomodo; anzi, al contrario, è la virtuosa azione di chi vuol porre dignitosamente fine a vite diventate indegne. E per chiudere il cerchio della menzogna tranquillizzante, la ciliegina sulla torta: Lambert viveva di accanimento terapeutico! Ora possiamo andare a letto con la coscienza pulita. La verità è un’altra: Lambert viveva di amore accudente ed è morto di fame e di sete, esattamente come capita a chiunque non mangia e non beve, esattamente come capita al neonato abbandonato in un cassonetto. È proprio da questa “inciviltà” che vogliamo preservare il nostro Paese, opponendoci con tutte le forze a legislazioni mortifere che con il mantra dell’autodeterminazione stanno introducendo pericolose, dannose e vergognose legittimazioni di atti contro la vita, e la vita fragile in particolare. Il diritto di morire, l’eutanasia e il suicidio “assistito” sono veleni morali e sociali che abbiamo il dovere – soprattutto se cristiani – di denunciare e combattere.

MASSIMO GANDOLFINI 18 lug 2019 10:24