La violenza non è amore
Un altro femminicidio e questa volta nel nostro territorio. Ogni volta ci sentiamo sconvolti e impotenti di fronte a queste donne che vengono uccise dai mariti, compagni o partner. Le donne subiscono molte violenze all’interno della famiglia, che diventa un luogo di sofferenza, sottomissione, dipendenza e minacce costanti. Lo dimostrano anche gli accessi al Pronto Soccorso e spesso, anche di fronte all’evidenza, la donna attribuisce ai segni delle violenze altre cause, quali cadute o altro. Le donne subiscono violenze psicologiche attraverso l’impiego di parole, atteggiamenti e azioni atti a manipolare, controllare e denigrare la partner come donna, moglie madre, attaccandone l’autostima. Le donne subiscono anche violenza sessuale costrette con la forza e violenza a atti sessuali, oltre alla violenza economica, non permettendole di disporre del denaro, oltre allo stalking, fenomeno abbastanza diffuso. Anche nel nostro territorio queste situazioni sono presenti in modo significativo e dovrebbero interrogare tutti, sia come persone sia come comunità civile e cristiana, sia sulle opportunità di aiuto sia sulla prevenzione intesa come educazione dei giovani a stabilire relazioni coniugali capaci di rispetto della persona che amano. Nelle famiglie si nascondono questi rapporti coniugali violenti; le donne spesso per anni soccombono e i motivi sono molteplici: la paura di perdere i figli, la non autonomia economica, la paura del futuro, e anche la speranza che il marito possa cambiare. Mentre scrivo, mi scorrono davanti le immagini delle donne che arrivano dopo tanta fatica a chiedere un aiuto. Sono esauste, sembrano non avere più risorse, si affidano e temono molto per il loro futuro perché sanno che non basta lasciare la propria abitazione perché la violenza finisca. Le donne spesso si allontanano da un partner abusante dopo un improvviso aggravarsi della situazione, oppure quando la violenza per la prima volta viene esercitata sui figli.
La scelta di divincolarsi definitivamente dalla relazione distruttiva è l’esito di un percorso di consapevolezza. Prima di decidere di separarsi, solitamente attraversano una fase di confusione e titubanza durante la quale cercano contatti e pareri. Ricevere risposte competenti è importante. L’invito a “provarci ancora” per mantenere in piedi la relazione con il partner può ritardare di anni la decisione della rottura. In alcuni casi l’esperienza ci dimostra che accade ciò che non dovrebbe accadere: il femminicidio. Nei momenti di urgenza, la donna può agire in uno stato di forte paura e chiedere un intervento tempestivo, salvo poi tornare sui suoi passi e riesporsi alle stesse condizioni di rischio non appena la situazione sembra essere rientrata. Sono relazioni coniugali e affettive dove il partner pensa di possedere l’amata. Il marito spesso impedisce una vita sociale, fa interrompere il rapporto con la famiglia d’origine, controlla ogni spostamento e ogni incontro. La donna è considerata un suo possesso e costretta ad essere in balia dei desideri e delle regole imposte. I racconti delle donne sono narrazioni di storie difficili in cui bisogna “stare all’erta”.
Quando capita un femminicidio si diffonde un senso di incredulità e ci si chiede come è possibile che accadano queste violenze. Anche sul nostro territorio le richieste di aiuto sono significative. Vivono situazioni di violenza in famiglia, ma non hanno ancora trovato la forza per uscire dal circuito della violenza. Ci vuole tanto coraggio per reggere una separazione dagli uomini violenti. Come ci dimostra la vicenda di Agnosine: non sei certa di essere protetta. Gli uomini violenti vivono come un tradimento la separazione e non si fermano di fronte a nessun ostacolo per attuare la loro vendetta: “Tu puoi essere solo mia”. La loro mente è sempre offuscata da questa ossessione costante. Le violenze domestiche hanno conseguenze sui figli che sono stati costretti a vivere nel clima di terrore, vedendo la loro madre sottoposta a violenze fisiche spesso violenti. Oggi si studiano percorsi per aiutare i bambini. A noi il compito di vigilare, di essere vicini, di accompagnare le donne nel percorso di uscita dalla violenza per un’autonomia personale come donne e come madri. I bambini necessitano di contesti sereni dove gli adulti si rispettino e di incontrare uomini che sappiano rispettare le donne. La violenza contro le donne è una questione maschile: riguarda il modo in cui pensiamo e viviamo la relazione fra uomo e donna. Diventa urgente educare a una maschilità che sappia relazionare con la donna con rispetto, cura e mitezza, pur nelle differenze di genere.