La sua festa sarà la nostra festa
Il vescovo Monari, che non solo è prete da 50 anni, ma anche Vescovo da 20, spesso nel suo magistero ci ha raccontato quanto è cambiato il mondo, quanto è cambiata la Chiesa, quanto è cambiato il modo di essere cristiani, il modo di essere preti. La sua festa sarà anche la festa della nostra Chiesa
Naturalmente bisognerebbe chiedere a lui come ci si sente a 50 anni dalla prima messa, e forse glielo chiederemo. Con il suo stile ha cercato, un poco, di raccontarlo anche recentemente parlando al clero riunito in Seminario e proponendo una riflessione su cosa significhi essere preti, maestri e testimoni della fede nel contesto attuale. Una riflessione ampia e alta la sua, ma che necessariamente dice di un percorso sacerdotale di vita e di fede, di una sfida da raccogliere, di un mondo da amare e a cui far incontrare la bellezza del Vangelo. Chissà, forse in modo più personale, don Luciano questo percorso lo esprimerà e lo condividerà con i suoi sacerdoti il Giovedì Santo nella Messa crismale. Un momento di comunione unica e intima tra il Vescovo e il suo presbiterio. Un momento stupendo per guardarsi negli occhi, per dirsi, nello stile della condivisione della fede, la gioia e la fatica del ministero e unirsi in un canto di lode per quanto il Signore ha donato. Lui, il vescovo Monari, che non solo è prete da 50 anni, ma anche Vescovo da 20, spesso nel suo magistero ci ha raccontato quanto è cambiato il mondo, quanto è cambiata la Chiesa, quanto è cambiato il modo di essere cristiani, il modo di essere preti.
C’è da dire che sempre nelle sue parole e nei suoi gesti abbiamo respirato il suo sentirsi dato a Dio in favore di un popolo, la sua passione evangelica, il tratto della forza della Parola di Dio e la delicata timidezza che scaturisce non solo da un carattere riservato e meditativo, ma dalla più autentica attenzione e dal rispetto verso qualsiasi interlocutore. È un’attestazione che possono riconoscergli facilmente coloro che lo conoscono da sempre, ma anche quelli che, da pastore prima a Piacenza e oggi a Brescia, ne seguono il magistero e l’azione pastorale.
Per questo festeggeremo il vescovo Luciano perché la sua sarà anche la nostra festa. Perché la sua festa farà bene al nostro sentirci Chiesa insieme a lui. Sarà una festa sobria, secondo il suo stile. Una festa orante che inizierà con la preghiera del clero riunito in Cattedrale la prossima settimana e che continuerà in ogni eucarestia celebrata in ogni parrocchia bresciana a partire dall’invocazione della liturgia che ci invita ad essere “una Chiesa perfetta nell’amore in unione con papa Francesco e con il vescovo Luciano”. Una festa che esigerà la capacità non solo di godere dei doni ricevuti, ma di una lettura attenta di ciò che è stato seminato. Non per inutili bilanci preconfezionati, ma per non perdere l’energia della passione evangelica e della sfida evangelizzatrice che non accetta rallentamenti o anticipati stop da presunto fine mandato.
In questi anni e in ogni anno pastorale la Chiesa bresciana ha rinnovato il suo impegno. Ne è prova anche l’Anno montiniano che stiamo vivendo, in cui abbiamo sorprendentemente ritrovato la devozione e l’affetto dei bresciani per un maestro e testimone autentico della fede come il beato Paolo VI e al quale oggi, di cuore, riaffidiamo il vescovo Luciano, da 50 anni sacerdote di Cristo.