La storia dell’Editrice La Scuola e la Chiesa
Il 13 maggio 1904 sei preti (Luigi Fossati, Giovanni Marcoli, Ernesto Pasini, Lorenzo Pavanelli, Defendente Salvetti e Angelo Zammarchi) e otto laici (Carlo Barcella, Luigi Bazoli, Leandro Bordoni, Giuseppe Bresciani, Giuseppe Losio, Giorgio Montini, Nicolò Rezzara e Battista Salvi) davano vita ufficialmente all’Editrice La Scuola, una società che se da una parte doveva assicurare la continuità alla rivista Scuola italiana moderna (nata nel 1893), dall’altra si prefiggeva di allargare il campo della sua attività all’editoria scolastica in generale.
Che cosa la Chiesa bresciana dovrebbe raccogliere da questa lunga e non sempre facile storia dell’Editrice La Scuola? Che cosa potrebbe dire questo anniversario dei suoi 120 anni alla Chiesa di Brescia da cui e in cui è nata? Ovviamente a queste domande parziali (dato che l’Editrice La Scuola non è solo una realtà che parla alla Chiesa di Brescia) molte possono essere le risposte. Ma qui provo a indicarne telegraficamente almeno quattro (più una direzione di percorso).
Nei suoi 120 anni La Scuola ha vissuto la capacità (soprattutto in alcune stagioni) di raccogliere attorno a sé la presenza di personalità che hanno rappresentato il meglio della Brescia cristiana impegnata nel mondo e coinvolta nella crescita culturale e spirituale dei giovani (ricordiamo anche solo la figura di don Enzo Giammancheri). Sarebbe interessante questo radicamento ‘bresciano’ dell’Editrice, questa capacità di chiamare a raccolta attorno a sé i bresciani che si vogliono impegnare in un rinnovato impegno culturale ed educativo, centro di pensiero e di confronto che possa essere a servizio non solo dell’Editrice, ma della nostra Diocesi. L’Editrice ha sempre avuto la capacità di individuare e scommettere su alcune figure di giovani che poi, cresciute dentro gli uffici de La Scuola, sono diventati promotori di tante opere culturali, educative e caritative anche fuori dall’Editrice stessa (paradigmatico ed esemplare la vicenda del grande Vittorino Chizzolini). Sarebbe interessante questa capacità di investimento su alcuni giovani, senza la pretesa che esauriscano il loro mandato all’interno dei confini dell’Editrice, ma come luogo fecondo di maturazione di vocazioni che poi allargano i loro confini dentro le pieghe del territorio e della storia bresciana.
L’Editrice ha investito notevoli risorse umane ed economiche a servizio della presenza della cultura cristiana nelle scuole italiane, sia statali che non statali, attraverso un’innumerevole produzione di libri di testo e uno sterminato numero di corsi di formazione per gli insegnanti. Sarebbe interessante che la Chiesa bresciana tutta (non solo il Vescovo, gli Uffici di Curia o singoli enti…) ritornasse a mettere al centro del suo interesse culturale ed educativo il mondo della scuola, nella consapevolezza che la scuola è il luogo fondamentale per la formazione delle persone, dato che nella scuola tutti (ma proprio tutti!) passano come minimo una decina d’anni della loro vita, proprio nell’età più interessante e feconda.
L’Editrice è stata (tanto più in alcuni anni) il punto di riferimento del cattolicesimo italiano per quanto riguardava la capacità di trasformare le sfide antropologiche e culturali in processi pedagogici e didattici. Sarebbe interessante immaginare che La Scuola possa continuare questo servizio attraverso un più diretto e continuativo rapporto con chi, condividendo la stessa prospettiva cristiana, da una parte lavora per un rinnovato pensiero sulla formazione e l’educazione (penso in maniera particolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore) e sulla prospettiva dell’umanesimo cristiano (penso in maniera particolare all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e allo Studio Teologico di Brescia), e dall’altra si sta impegnando nel concretizzare tutto questo in scelte pedagogiche e didattiche (penso in maniera particolare alle scuole cattoliche paritarie della nostra Diocesi). Infine, se dovessi indicare la prospettiva entro la quale muovere l’ispirazione dei testi per le scuole e dei corsi di formazione per gli insegnanti, in maniera tale che siano capaci di avere come destinatari tutti, senza perdere la centralità di Gesù, partirei da una preziosissima indicazione del Concilio Vaticano II: «Cristo […] proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22). Questa mi pare proprio la sfida culturale ed educativa dell’umanesimo cristiano del Terzo millennio: mostrare come nelle esperienze umane fondamentali (nascita, innamoramento, lavoro, morte…) si annunci già l’apertura alla presenza del Dio di Gesù e come tutto ciò che di Gesù e di Dio si dice e si vive (dai dogmi alla liturgia…) manifesti la verità più profonda dell’esperienza di ogni vita umana, perché è la logica e la grammatica più vera della vita.