La società della stanchezza
Il filosofo coreano Byung-Chul Han nel saggio “La società della stanchezza” descrive la società come contrassegnata da una profonda stanchezza, in cui aumentano esponenzialmente disturbi della sfera psicologica, come la depressione, il burn out, l’esaurimento psicofisico. Secondo l’autore questa condizione è causata da un eccesso di positività, che ci conduce a esaltare l’estrema produttività come valore e a temere il fallimento. Siamo portati a dire sempre di sì, ci imponiamo costantemente cose da fare e diveniamo contemporaneamente padroni e schiavi di noi stessi.
Se provo ad osservare ciò che accade nelle nostre vite e nelle nostre giornate, in famiglia e al lavoro, mi sembra evidente e tangibile questa stanchezza, data da due atteggiamenti: l’intensificazione e il controllo. Nel lavoro l’intensificazione è connessa alla ultra-disponibilità, indipendentemente da luoghi e orari; si promuove la competizione, l’eccellenza, l’esaltazione del singolo, non si dice mai di no, non si delega. La cultura del controllo, che prevale sulla responsabilità diffusa, è quella dell’iper-efficienza, in cui non vi è spazio per interpellare i bisogni delle persone. La valutazione del merito e dell’impegno è data dal tempo trascorso al lavoro, invece che dal raggiungimento degli obiettivi.Le stesse richieste implicite ci sono anche in famiglia, si parla in tal senso dello stile genitoriale intensive parenting, in cui vi è dunque grande impegno e investimento di risorse per svolgere il ruolo genitoriale, ritenendo che ciò che si fa per il figlio abbia conseguenze di cui il genitore è il solo responsabile. Anche in questo caso vi è un controllo sul figlio, sulle sue azioni e sui suoi pensieri. In entrambi i contesti l’esito di questa intensificazione e iper-controllo è l’aumento di stress e di senso di inadeguatezza, colpa e fallimento, che si cerca di placare investendo ancora più tempo ed energie, per sentirsi più efficaci. Dietro all’ossessione del controllo vi è la paura, paura di non essere all’altezza, di fallire.
È evidente il cortocircuito a cui si va incontro, dato dal fatto che il focus è sempre e solo sul singolo. Per scardinare queste modalità di funzionamento risulta importante assumere una prospettiva sistemica e relazionale, in cui considerare le responsabilità come condivise e non percepirsi soli e isolati nello svolgimento delle proprie funzioni lavorative e familiari. Ciò permette di ridimensionare aspettative e bisogno di controllo, aumentando la capacità di affidarsi, condividere con altri. All’intensificazione e al controllo, dunque, si può contrapporre l’interazione, la connessione, la fiducia, la partecipazione, la responsabilizzazione e l’autonomia. Alla stanchezza si può contrapporre la serenità.