La sfida di essere “porto” e "nave"
Porto e nave. Due immagini che evocano staticità e movimento, certezze ed esplorazioni, sicurezza e ardimento. Due immagini adatte alle nostre Parrocchie che oggi vivono la sfida e la difficoltà di provare ad essere uno e l’altra
Porto e nave. Due immagini che evocano staticità e movimento, certezze ed esplorazioni, sicurezza e ardimento. Due immagini adatte alle nostre Parrocchie che oggi vivono la sfida e la difficoltà di provare ad essere uno e l’altra. Porto: le nostre parrocchie e i nostri oratori nella pastorale dalla seconda metà del secolo scorso si sono interpretate così. Era una pastorale di convocazione: entri e trovi il catechismo, i sacramenti, le iniziative sociali e culturali. Ed era una pastorale di convocazione non senza logica e fantasia: tanti i modi per richiamare (dalla sagra allo spettacolo teatrale, dallo sport alla fiera missionaria), uno stile di accoglienza diffuso (almeno negli intendimenti), un’attenzione molto targettizzata per fasce d’età (la pastorale dei bambini, quella degli adolescenti, quella degli anziani, le giovani coppie…). Poi venne la nave. La nave è sempre stata un’immagine sperimentale e forse mai del tutto realizzata della parrocchia: erano le iniziative fuori, i rapporti con il comune, la relazione con le associazioni, i tavoli territoriali, i tentativi di una pastorale d’ambiente ideati in oratorio e agiti sulle strade, in piazza, anche nei locali.
La parrocchia nave assomiglia molto alla parrocchia in uscita raccomandata da papa Francesco: la benedizione delle case, l’incontro informale, le missioni popolari – se vogliamo – richiamano questo modello. Eppure proprio oggi – mentre vediamo che le convocazioni richiedono un sempre maggiore sforzo di comunicazione e raccolgono spesso minori consensi – un po’ per mancanza di risorse, un po’ perché essere porto tutto sommato è più rassicurante, stiamo assistendo ad un certo ripiegamento delle nostre parrocchie su stesse. I volontari tendono a costruire un oratorio a loro misura – piuttosto che a misura di chi non c’è, le proposte di annuncio faticano a rinnovarsi e le energie spese sulla catechesi dei bambini (e delle famiglie) non danno gli esiti sperati. Infine, non da ultimo, le modalità e lo stile con i quali gli organismi di partecipazione sostengono la progettazione pastorale risulta in gran parte insoddisfacente. È facile sognare di essere nave, è importante continuare ad essere porto. Ma è possibile essere entrambi? L’ingegneria marittima ci ha spiegato che è possibile, la voce dello Spirito e la creatività pastorale troveranno anche la nostra risposta.