La richiesta di alloggi
Credo sia importante che la stampa nazionale evidenzi le necessità e il disagio degli studenti universitari. È un segno di attenzione che dovrebbe andare ben oltre le proteste di questi giorni circa la difficoltà ad accedere ad alloggi a prezzi abbordabili. Credo sia compito prioritario dell’informazione, tuttavia, inquadrare i problemi e leggere i fenomeni in un contesto più ampio.
Innanzitutto serve una riflessione su cosa sia l’esperienza universitaria. Le università sono comunità di discenti e di docenti che vivono e crescono grazie all’incontro. Dopo la drammatica parentesi del Covid e delle lezioni a distanza, è sacrosanto che vi sia la richiesta di frequentare in presenza gli Atenei. Aggiungerei anche che il periodo universitario corrisponde spesso con il momento di distacco dalla famiglia di origine, salutare e necessario. Vi sono giovani che scelgono volutamente università lontane da casa, per l’opportunità di sperimentare l’indipendenza, che purtroppo nella nostra società si raggiunge troppo tardi, con conseguenze molteplici, non ultime sulla possibilità di farsi una famiglia. Ebbene come si può frequentare un’università fuori sede?
La soluzione dei collegi è quella direi preferibile: non dimentichiamo che a Brescia ve ne sono alcuni, tra cui un collegio di merito dell’Università degli Studi. In quei contesti si sviluppano delle opportunità di scambio e di approfondimento culturale uniche, che completano l’esperienza universitaria. Il Pnrr ha messo a disposizione risorse non banali per le residenze e anche l’Università di Brescia ne ha goduto, facendone la terza migliore università in Lombardia (31,25 studenti per posto alloggio, contando soltanto le residenze universitarie e non i collegi privati), dietro solo a Bocconi e Politecnico di Milano.
Vi sono poi le soluzioni presso ospitalità privata, spesso presso appartamenti in condivisione. In questo caso è evidente che gli studenti si devono confrontare con un libero mercato che è influenzato da molteplici fattori e in alcuni casi, come per Bologna, dall’oggettiva scarsità di offerta.
Cosa si può fare? Innanzitutto innalzare gli stanziamenti per il diritto allo studio, mai sufficienti nemmeno a coprire le borse di studio per gli aventi diritto. Le università suppliscono con risorse proprie a questa carenza. Stabilizzare poi le risorse per l’edilizia universitaria, anche dopo il Pnrr, per aumentare il numero di residenze. Se contabilizziamo l’impatto economicamente positivo della presenza di universitari per l’economia delle nostre città ci accorgeremo che si tratta di un’operazione a somma positiva.
Più difficile l’intervento sul mercato degli alloggi. Per questa finalità è necessaria fantasia, per introdurre un meccanismo assimilabile al social housing, che possa riguardare anche affitti a breve termine. Le relative volumetrie sono recuperabili in molte città anche da interventi di riqualificazione dell’edilizia esistente, incentivando le proprietà a ristrutturare a fronte della riserva di alloggi ad affitti calmierati.