La parola d'ordine elettorale? Abolire
La campagna in vista delle elezioni del 4 marzo prossimo per ora segnata dalla ricorsa ai tagli: leggi, provvedimenti e altro ancora. Il record, però, spetta a Maroni
Se c’è una parola che più di altre sta caratterizzando questa prima parte della campagna elettorale in vista del voto del 4 marzo, questa è “abolizione”. Non c’è forza o schieramento che non abbia annunciato l’intenzione, una volta conquistata la guida del Paese, di far calare la mannaia su qualcosa, tassa o legge poco importa. Ha cominciato Renzi: via il canone Rai, è stato il suo “taglio”. Suggestivo, ma non tanto da scaldare i cuori, visto che anche i suoi hanno sollevato più di una perplessità, anche perché era stato lo stesso segretario Pd, all’epoca presidente del Consiglio, a inserirlo nella bolletta della luce per ridurre l’evasione. Altri, poi, hanno alzato l’asticella. Berlusconi ha promesso l’abolizione delle tasse sulla prima casa; a ruota Salvini ha condannato alla soppressione la legge Fornero (sollevando anche in questo caso perplessità e distinguo fra gli alleati). Difficile tenere il conto dei tagli proposti dai 5 Stelle. Quella che sembrava la madre di tutte le abolizioni (l’euro) sembra essere superata. Per ora il “taglio” annunciato riguarda il loro regolamento interno: alle elezioni potrà candidarsi anche chi è indagato, purché il capo di imputazione non porti eccessivo discredito al Movimento... La medaglia d’oro per la migliore abolizione, però, spetta a Roberto Maroni che, con una mossa a sorpresa, ha abolito se stesso da un possibile secondo mandato alla guida della Lombardia e, nel contempo, ha rifilato un colpo che poteve destabilizzare il centrodestra e la sua raggiunta (presunta) pace interna.