La memoria, contro l’indifferenza
Nei giorni attorno al 27 gennaio, serve non il rituale del ricordo ma un vero e proprio culto della memoria. Servono iniziative non estemporanee o occasionali, ma, soprattutto nelle scuole, percorsi di lavoro e di ricerca che impegnino gli studenti in prima persona a leggere, documentarsi, approfondire
“La memoria è l’unico vaccino che abbiamo a disposizione contro l’indifferenza”, ha scritto Liliana Segre. Da quando il Parlamento italiano, con legge n. 211 del 20 luglio 2000, ha istituito la “Giornata della Memoria”, da celebrarsi il 27 gennaio di ogni anno, si sono progressivamente moltiplicate le iniziative di scuole, biblioteche, università, associazioni culturali. Ecco allora un fiorire anche a Brescia e provincia di presentazioni di libri, proiezioni di film, spettacoli teatrali, mostre, viaggi della memoria. Tutto questo per non dimenticare l’orrore della Shoah, i campi di sterminio, le camere a gas, il tentativo di eliminare un intero popolo dalla faccia della terra. Per non dimenticare il Progetto T4, che tra il 1939 e il 1941 ha visto la morte di oltre 300mila disabili, anziani e malati di mente, considerati “indegni di vivere”. Per non dimenticare lo sterminio delle popolazioni Rom e degli omosessuali. Per non dimenticare le leggi razziali, i ghetti, le deportazioni, i treni con i vagoni piombati.
Ma anche per fare memoria di quanti si opposero alla follia nazifascista, pagando con la deportazione e la morte la propria scelta di coraggio e di umanità. Affinché tutto questo non si esaurisca nei giorni attorno al 27 gennaio, serve non il rituale del ricordo ma un vero e proprio culto della memoria. Servono iniziative non estemporanee o occasionali, ma, soprattutto nelle scuole, percorsi di lavoro e di ricerca che impegnino gli studenti in prima persona a leggere, documentarsi, approfondire. Affinché il Giorno della Memoria non diffonda l’idea che vi sono stati i “cattivi tedeschi”, responsabili di tutto l’orrore della Shoah e della guerra, e i “bravi italiani”, impegnati a nascondere e difendere gli ebrei, è necessario ricordare sempre che il nostro Paese ha approvato le leggi razziali; che ha avuto i suoi campi di concentramento, come a Fossoli, e il suo campo di sterminio, come la Risiera di San Sabba; che molti “bravi italiani” con le loro denunce e delazioni, ben retribuite, hanno fatto arrestare migliaia di ebrei.
Tra questi, ad esempio, ci fu la famiglia di Liliana Segre. La memoria, vaccino contro l’indifferenzaE che fu anche il nostro Paese, entrato in guerra a fianco della Germania, a portare ovunque morte e sterminio. All’ingresso del “Memoriale Binario 21” a Milano, una scritta a caratteri cubitali accoglie i visitatori e illustra bene l’atteggiamento diffuso anche nel nostro Paese quando si avviò la deportazione degli Ebrei: Indifferenza. Tutto avvenne nell’indifferenza. A Roma, quando la mattina del 16 ottobre 1943 nel ghetto vennero rastrellate 1024 persone, poi deportate ad Auschwitz (torneranno vivi solo quindici uomini e una donna), nessuno alzò la voce. Appunto, assoluta indifferenza. Sono dunque benvenute tutte le iniziative che contribuiscono a fare memoria del passato perché “se è accaduto, può accadere di nuovo” (Primo Levi). Soprattutto è benvenuto tutto ciò che contribuisce ad abbattere il muro dell’indifferenza che ancora oggi è molto solido e difficile da scalfire.