La ludoterapia del Vescovo
Non soltanto viziati e strapagati. Ora l’arroganza – o meglio la superficialità – di taluni giocatori di calcio arriva al calcio scommesse illegale. Si tratta di illecito sportivo, prima ancora che giudiziario, perché essendo loro i protagonisti delle gare, possono condizionare l’esito del risultato al fine di un facile guadagno. Tutti ora fingono di scandalizzarsi. Come se non sapessimo che i valori umani fanno spesso i conti con la fragilità dei singoli: non c’è ambito del vivere umano in cui santi e peccatori non vadano a braccetto. Ma qualcuno è intervenuto prima per prevenire ed educare?
Lo sport, ancora una volta, diventa specchio della nostra società! Notiamo però con gioia l’andare contro tendenza del vescovo Pierantonio. In occasione della gara tra Bresciacalcio e Feralpisalò, ha scritto un messaggio che, non essendo causa di polemiche, verrà presto dimenticato. Purtroppo! Nelle parole destinate a rendere gioioso il derby, prevenendo gli scontri tra tifoserie, emerge la grandezza di un messaggio che vede lo sport non come causa di devianza (ludopatia) ma come occasione di grande crescita personale e sociale (ludoterapia).
Anzitutto – scrive il Vescovo – uno sport come occasione di cultura: è un via positiva per crescere come uomini e come comunità. Diventa un fatto culturale perché coinvolge la vita di tutti noi. Poi – continua mons. Pierantonio – la partita diventi testimonianza di uno sport capace di far camminare insieme, non di dividere; di uno sport che unisce quanti vogliono trasmettere i valori sportivi; di uno sport positivo nel quale possa vincere il migliore e ricevere gli onori di chi, soltanto nei 90 minuti di gara, ne esce sconfitto. Si aprono molteplici scenari dimenticati dalla pastorale diocesana. Perché, ci si interroga, una Chiesa ricca di storia come quella bresciana limita il dibattito a tematiche quali Icfr, Unità Pastorali, Tavoli Sinodali…? Argomenti che non toccano il 95% dei battezzati. Gli ambiti pastorali che hanno caratterizzato una ventina di anni fa il cammino diocesano – tempo libero, emergenza educativa, accompagnamento dei giovani... – sono diventati spazi vuoti di riflessione, di esperienze, di formazione di laici capaci di inserirsi in questi contesti.
È ancora il vescovo Pierantonio che indica la via per tutti i sacerdoti e tutti gli operatori pastorali: testimoniare l’amore della Chiesa bresciana per lo sport, mettendosi al servizio di tutti gli sportivi bresciani, indistintamente. Un padre spirituale non chiede a Dio di far vincere o perdere una squadra, ma prega affinché ogni atleta dia il meglio di sè, personalmente e nel gruppo.
Nello sport dovremmo tornare a mettere le migliori energie se vogliamo prevenire le devianze e accompagnare il percorso formativo dei giovani. Un decennio fa l’Università Cattolica condusse un’indagine negli oratori lombardi con un esito inatteso: dove si pratica maggiormente sport in oratorio, aumenta la frequenza al catechismo e alla Messa. Temo che molti abbiano dimenticato come nel 1944 Luigi Gedda, allora presidente dell’Azione Cattolica, chiese ai suoi uomini migliori di occuparsi di sport facendo nascere il Centro Sportivo Italiano.
È merito suo se i Vescovi arriveranno a dire negli anni Sessanta che occorreva un campo sportivo in ogni parrocchia. Questa è una profezia e un piano pastorale! Oggi che ne è della pastorale sportiva in oratorio? Se è vista in negativo come un problema (ludopatia) diventa facile disinteressarsi e abbandonare il campo da gioco. Se la pastorale riscopre la bellezza di usare lo sport come strumento educativo (ludoterapia), come la possibilità di aggregare i giovani (gioco di squadra), di aiutarli nell’inclusione interculturale (nel gruppo c’è spazio per ogni provenienza etnica e religiosa), di orientarli verso il rispetto delle regole (un arbitro controlla i comportamenti) e verso la gioia di un traguardo comune (vincere la partita), a quel punto ogni proposta di evangelizzazione e di promozione umana non può che passare attraverso la pratica sportiva. Durante il derby i salodiani esposero uno striscione con un’invocazione dal canto “Madonnina dei riccioli d’oro”: siamo bresciani e siamo figli tuoi. Non può essere che soltanto la Chiesa se lo sia dimenticato.