La fragilità ci appartiene
La nostra società ha da tempo avviato processi per nascondere, negare, eliminare la fragilità, la sofferenza, il dolore. Viviamo una realtà anestetica, che ci ha dato l’illusione di poter controllare e determinare ciò che sta attorno a noi: ognuno pensa di poter essere autosufficiente. È stato cancellato il senso del limite, inscritto nella condizione umana. Abbiamo appreso che per essere felici dobbiamo avere successo, essere performanti, infallibili. Ed è proprio per inseguire questo standard che spesso ci sentiamo inadeguati, frustrati, esausti, senza più energie da offrire. Il rischio è quello di correre molto, perdendo di vista il perché, il senso, il significato di questo correre.
La situazione di emergenza sanitaria si è scontrata contro questa impalcatura fatta di certezze e sicurezze e ha messo a nudo le nostre fragilità. È importante riconoscerle ed essere consapevoli che in quanto umani siamo limitati e che il dolore e la sofferenza fanno parte della nostra natura, non possono essere eliminati o rimossi. È urgente oggi educare a questi temi, aiutando anche i ragazzi ad accettare gli eventi di sofferenza e a ricercarne il senso. Da essi non dobbiamo scappare, ma dobbiamo assumere il coraggio di attraversarli, bisogna imparare a sostare.
Di fronte alle situazioni di crisi la riflessione pedagogica ci esorta a rintracciare anche nuove opportunità per riprendere il cammino della vita. Le fragilità e le sofferenze, infatti, chiedono alle persone di attivare cambiamenti profondi, di ridare significato alla propria vita, di ricercare nuovi orizzonti di senso. Oltre a ciò, esse sono un richiamo a compiere scelte e a ridefinire il proprio progetto esistenziale, cogliendo i segni di speranza che la situazione ci offre.
Si può, pertanto, sostenere che talune esperienze di sofferenza siano occasioni di apprendimento, avviate dall’elaborazione della crisi, e orientate alla riprogettazione. Spesso queste situazioni sono uno sprone ad interrogarsi, a rivedere le proprie priorità e a ricercare nuove modalità e nuove strategie. Siamo tutti fragili, dunque, è fondamentale assumerne consapevolezza, e in questa fragilità possiamo trovare nuove aperture, nuovi orizzonti, e non solo chiusura e finitudine. È proprio riconoscendo che siamo tutti fragili che comprendiamo il nostro bisogno dell’altro, il bisogno di relazionarci, confrontarci e impariamo a riconoscere i nostri limiti, le nostre debolezze, che ci rendono umani e profondamente vivi.