di LUCIANO ZANARDINI
27 feb 2015 00:00
La fine dell'era Corioni
Gino Corioni ha rappresentato per 25 anni il Brescia calcio. Non è immune da colpe, ma è stato tradito dalla troppa passione
Negli ultimi anni, a fronte di scarse risorse finanziarie, doveva agevolare la sua uscita di scena. Invece, per salvare il salvabile, ha circondato la gestione economica di un alone di mistero: chi si avvicinava, "scappava", intimorito dalle "scatole cinesi".
Non è immune da colpe. Proviamo ad elencarne alcune. La prima è senza alcun dubbio l’aver mescolato la famiglia Corioni con la società, l’azienda Corioni con la società. E in questi anni in tanti, anche quelli che oggi lo criticano, si sono seduti attorno al tavolo degli eletti.
Non ha sfruttato fino in fondo l’effetto mediatico e sportivo della presenza di Roberto Baggio e, soprattutto, non ha capito fino in fondo l’importanza del progetto di scouting (targato Micheli e Mantovani) che ha scovato talenti preziosi come Hamsik e Salamon, solo per fare due nomi. La capacità di lanciare giovani, sul modello dell’Udinese, è la carta vincente di una squadra “provinciale”.
La responsabilità più grande è quella di non aver costruito attorno alla squadra un bacino più ampio. Una Provincia estesa come Brescia può e deve immedesimarsi nella città capoluogo. Non bastano, però, i proclami. Serve il coinvolgimento delle scuole calcio e dell’attività di base. Per farlo, bisogna avere anche la forza di isolare la frangia più estrema, quella che in questi anni ha contestato sempre e comunque. Riportare le famiglie allo stadio deve essere il compito principale della nuova proprietà. Sì, c’è il problema dell’infrastruttura, ma è da qui che bisogna ripartire: è inutile fare troppi voli pindarici.
LUCIANO ZANARDINI
27 feb 2015 00:00