La dura legge dei dati
Dati sui debiti della Grecia, sui tassi di occupazione in Italia e, seppur su tutt'altro argomento e contesto, a breve potremmo leggere quelli della ricerca effettuata a Brescia per la verifica del cammino dell'Iniziazione Cristiana dei ragazzi. Arrivano i dati. Sono da leggere, interpretare, ma ci spingono poi ad alcune decisioni.
I dati sono pericolosi. Quando vengono presentati contengono una capacità di attrazione quasi fatale.lo sanno bene i ricercatori che, se sono seri, a un'indagine di tipo quantitativo ( fatta solo di numeri e risposte secche) ne abbinano quasi sempre una di tipo qualitativo ( che coglie il pensiero e le opinioni) su ogni oggetto o situazione bisognosa di ricerca.
I dati sono tremendamente reali, ma anche facilmente illusori. Ci danno l'impressione di essere riusciti a catturare la realtà, di averci consegnato le chiavi della sua comprensione, ma poi, se non correttamente interpretati divengono, anche loro, oggetto di speculazioni o di pericolose letture parziali.
I dati, va considerato, sfondano prepotentemente nella comunicazione. Lo sanno bene i giornalisti (sempre a caccia degli ultimi dati disponibili su ogni cosa), ma anche coloro che intendono "colpire" l'attenzione del sistema mediatico. Un esempio? In ogni conferenza stampa non deve mai mancare una tabella con i numeri dell'iniziativa... Insomma, basta qualche numero è tutti restano a bocca aperta. Si comunica in questo modo precisione e professionalità. Il resto è commento e rischia di passare inosservato.
Dei dati, pertanto, dobbiamo prendere coscienza con serietà, ma non devono indurci a esaurire le argomentazioni in modo superficiale. Dietro i dati ci sono dei processi e situazioni avvenute o non avvenute. Dietro i dati ci sono persone e storie. Indicano a volte sofferenze, fatiche, ma anche successi di cui gioire.
L'incrocio dei dati può aprire scenari inattesi o coscientemente far tornare sui propri passi. Dopo i dati, soprattutto se raccolti scientificamente e con competenza, dovrebbe seguire una decisione. È saggio e auspicabile. Se i dati raccontano almeno un poco della realtà sono un aiuto importante a governarla e a non lasciarci governare da essa in tutti i sensi. È una dura legge.
Vale sempre e in tutti i campi. Vale, appunto, per gli scacchieri europei dove si giocano in questi giorni le logiche del futuro non solo della Grecia, ma dell'idea stessa di Europa. Vale in Italia, dove qualche dato di ripresa economica non deve far dimenticare quei dati che raccontano di un Paese che ancora soffre per la mancanza del lavoro e per una crisi chye non smette di mietere vittime e non solo in senso lato.
Vale, in qualche modo, anche nella Chiesa che, intelligentemente, insieme all'assistenza dello Spirito Santo non disdegna, quando in gioco ci sono scelte pastorali importanti, di avvalersi della competenza delle scienze umane come la sociologia, la psicologa e la pedagogia per interrogarle e per decidere con quella maggior certezza morale possibile, i modi per comunicare il Vangelo in questo mondo che cambia continuamente.
In ogni momento del suo cammino pastorale, infatti, è chiamata a raccordare insieme il dato storico-antropologico al dato di fede. E in ogni passaggio: dalla lettura della situazione, allo svolgimento, alla decisione fino alla verifica e a una nuova decisione, evitando appiattimenti in senso sociologizzante o dall'altro fideista. Così è anche per un progetto come quello dell'iniziazione cristiana delle nuove generazioni che tanto, in questi anni, ci ha impegnato e appassionato.