La cura e la città
La città è un insieme complesso di dinamiche umane che interagiscono e che nel loro insieme creano vita; però è anche il luogo dove tanti non riescono ad entrare nella ricchezza di ciò che si muove e restano testimoni desolati di quello che avviene attorno a loro. Povertà, solitudine, malattie creano le condizioni per cui alcuni cittadini non riescono a restare a galla rispetto alle dinamiche umane ed economiche e molti altri non si si sono mai nemmeno avvicinati. Sono bisognosi di cura da parte della città; in particolare è necessario dedicare attenzione alle solitudini, apparentemente più facili da curare perché non richiedono grande impegno economico (la povertà) né impegno tecnico (la malattia).
Tuttavia, la sofferenza è profonda nell’animo di chi richiede cure delicate, costanti, impegnative per chi vuole lenirla. Da non molti anni le collettività hanno preso coscienza della responsabilità verso le persone sole e la loro sofferenza psicologica e somatica. Contemporaneamente è anche cresciuto il livello di attenzione della medicina, che guarda alle conseguenze sulla salute degli eventi psico-sociali, perché ha compreso che la cura è tale solo se si rivolge, allo stesso tempo, al dolore della carne e a quello dello spirito. La città che cura deve costruire progetti che aiutino la crescita di una convivenza di attenzioni reciproche; infatti, questa senza indicazioni, guida e supporti non ha la capacità autonoma di tamponare gli eventi negativi che la investono.
L’individualismo diffuso rallenta le possibilità di un intervento collettivo in favore della persona che le circostanze hanno ridotto in solitudine. Inoltre, le più moderne tecnologie della comunicazione non facilitano la formazione di relazioni significative, concentrando l’attenzione su rapporti privi della possibilità di incidere nel profondo. In questa realtà faticosa la città che cura si occupa di creare ponti tra i cittadini, andando a scoprire in particolare le nicchie di solitudine silenziosa. Una città deve essere curiosa: la curiosità è premessa indispensabile per un vero approccio di cura. Talvolta la privacy è un ostacolo a chi vuole avvicinare l’altro per prendersene cura, ma la città deve costruire ambienti e atmosfere dove si riducono le barriere, le ritrosie, la mancanza reciproca di fiducia. Le persone sole si curano poco di sé stesse, perché ritengono inutile qualsiasi tentativo di migliorare la propria condizione; hanno uno stile di vita scostante, chiuso, polarizzato su sé stesse, senza desideri e speranze di cambiamento.
La città si dovrà occupare anche di questi aspetti, impostando cure generose, capaci, se necessario, di qualche piccola forzatura per aiutare le solitudini più disperate. Una città che cura non può abbandonare le molte vite senza casa agli angoli delle strade. Non può abbandonare i poveri che da soli non sono in grado di uscire dalla loro condizione. Non può abbandonare chi è ammalato e ha perso la speranza. La cura deve diventare lo stile di città vive, curiose, attente, generose.