La cultura rende migliore la società?
Il calendario non è mai stato così ricco, né forse così pieno. Mentre apre la rassegna di “Filosofi lungo l’Oglio”, in questi giorni si chiude il primo festival culturale d’autunno, quello della Valle Camonica progettato da Stefano Malosso. L’ultimo ospite a Boario, Beppe Severgnini. Tutti gli appuntamenti dai primi di settembre ad oggi sono stati a posti esauriti, “Rinascimento culturale” non è da meno. Per il teatro stagione ricca quella del Ctb, ampio il cartellone di “Pressione Bassa”. Per la musica il Grande apre l’autunno con un ricco cartellone, mentre il festival pianistico non perde smalto e annuncia un repertorio raffinato il festival “LeXGiornate”. Librixia dal 26 settembre al 4 ottobre annuncia sessanta incontri con grandi autori e consueta rassegna delle editrici bresciane. Per le mostre, l’Associazione artisti bresciani ha aperto“Rigenerazione”, una sorta di panoramica dell’arte bresciana dopo il coronavirus, mentre a palazzo Martinengo apre a giorni una singolare rassegna sulla gioventù bresciana ai tempi del fascismo. E poi c’è l’apice di Santa Giulia, con il palinsesto che durerà un triennio nel segno del ritorno a casa, a novembre,della Vittoria Alata dopo due anni di complessi restauri nell’Opificio delle pietre dure a Firenze. Il progetto degli eventi testimonia l’ambizione culturale della città, la sua intenzione di sfidare il livello alto dell’organizzazione culturale, e di assegnare alla cultura la nuova identità della città, annunciando interventi in grado di trasformare i siti di via Musei in uno dei più affascinanti giacimenti museografici d’Europa. Non aggiungo le decine di appuntamenti di librerie e biblioteche in tutta la provincia. Ma l’insieme forma una incredibile ripartenza, una sorta di rivincita sul tempo del coronavirus che pure continua a imporre la sua presenza e i suoi condizionamenti psicologici e organizzativi. Ma non impedisce alla città e alla provincia di Brescia di testimoniare un’uscita dalla paura e una sfida aperta allo spaesamento, alla immobilità che il virus ha imposto. Questo ricchissimo calendario di proposte dice di una diffusa convinzione sul valore della cultura come gesto di ripartenza, come testimonianza di socialità attiva. È come una estetica della cittadinanza, la convinzione dichiarata che la cultura, come la bellezza rendono le società migliori, le aiutano nella crescita, danno loro una identità. Ciò che il virus ha messo in crisi è la nostra capacità di interagire con il prossimo, la nostra attitudine a stare insieme, il nostro bisogno di coltivare lo spazio della mente, le attitudini alla fantasia, alla creatività, alla conoscenza. Per questo è di grande significato la presenza massiccia, la partecipazione attiva ad ogni singola iniziativa. È come una nuova consapevolezza di ciò che siamo, la dimensione civile delle nostre vite che si integra con la dimensione della cittadinanza e ne fa un esemplare nuova identità civica. È una fase inattesa, che non si nasconde ai rischi di un tempo ancora instabile, ma che non intende ritardare oltre la restituzione dell’importanza della cultura intesa come conoscenza e modo di stare insieme. Che significa lavorare sulla qualità dei comportamenti e delle relazioni. Questo attivismo culturale ha il sapore di una ripartenza, contiene l’idea di un riscatto, sottolinea la necessità della sfida. Può aiutare a renderci migliori? Questo è invece un quesito più complesso. Riguarda un cambio di orizzonte sulla vita, un modo alternativo di guardare il mondo, la rinascita di una grande speranza.