La criminalità organizzata è qui, non (solo) altro
Le nuove notizie di cronaca giudiziaria scrivono l’ennesimo capitolo sulla presenza mafiosa nel territorio della città e della provincia di Brescia.
Numerose misure cautelari, per reati di usura ed estorsione con metodo mafioso, si sommano agli arresti di inizio mese per detenzione illecita di armi con intento omicida. Nulla di nuovo, purtroppo. La colonizzazione ‘ndranghetista (perché di colonizzazione si tratta, più che d’infiltrazione, date le peculiari caratteristiche della lottizzazione territoriale e dei rapporti con la “madre patria” calabrese) della regione lombarda è storia lunga decenni, ormai nota a molti. Sembrano molto lontani, fortunatamente, i tempi in cui il Prefetto di Milano negava la presenza mafiosa in Lombardia e il Ministro dell’Interno si stracciava le vesti per aver udito uno scrittore parlare in tv di criminalità organizzata al nord. Eppure era il 2010. L’altro ieri. Importanti inchieste hanno poi costretto eletti ed elettori a prendere atto di quanto fosse infondata la presunta superiorità civile e “antropologica” di quel nord che aveva sempre voluto raccontare sé stesso come estraneo al fenomeno mafioso.
Non è difficile, oggi, immaginare quanto la pandemia e la conseguente crisi di molte aziende possano aver spalancato ulteriori porte alla criminalità organizzata, forte di una liquidità, generata da traffici illeciti, facilmente elargibile ad imprenditori in difficoltà per ottenerne col tempo il completo assoggettamento. Senza un’adeguata conoscenza delle modalità di approccio e d’azione dei soggetti mafiosi, senza un basilare senso civico che faccia preferire la soluzione legale dei problemi a quella illecita, gli argini del diritto e della repressione giudiziaria potrebbero non reggere. Spesso non reggono. “Occorre essere attenti, per essere padroni di sé stessi” cantavano i CSI. E proseguivano: “La mia piccola patria, lungo la linea gotica, sa scegliersi la parte”. Sarà allora utile ricordarci, un’altra volta, che la Liberazione nazionale non è conclusa. I bresciani furono protagonisti, nel bene e nel male, di quella iniziata nel 1943. Con la vergogna di Salò da una parte.
E le migliaia di partigiani e partigiane in lotta per la democrazia e la libertà, dall’altra. Ci auguriamo, dunque, che ognuno ed ognuna di noi sia in grado di prendersi la propria quota di responsabilità anche in questa lunga e dolorosa battaglia e, ciascuno con i suoi mezzi e le sue competenze, di scegliere attivamente da che parte stare.