di EMANUELA VINAI
14 lug 2016 00:00
La banalità del caldo
Viene da pensare che nei pc delle varie redazioni vi siano cartelle di file catalogate sotto “Estate” in cui pescare consigli, suggerimenti e raccomandazioni
Per tacere poi delle immancabili immagini di bambini che si rincorrono tra gli spruzzi delle fontane, di animali ansimanti all’ombra, di anziani che si sventagliano con scarsa convinzione sulle panchine del parchetto o che, soli, si avviano lungo strade di città deserte trascinando carrellini che si immaginano affondare con le ruotine nell’asfalto rovente.
Insomma, sarebbe possibile dire qualcosa che non sappiamo per esperienza tangibile ogni singolo giorno in cui il termometro si rifiuta di scendere sotto i gradi cui la cioccolata fonde spontaneamente? Eppure ogni anno i decaloghi si sprecano e si riassumono in liste pressoché identiche che contengono sempre le medesime indicazioni di buon senso, rivolte principalmente a vecchi e bambini ma non solo: vestite abiti leggeri, non uscite nelle ore più calde, limitate l’attività sportiva alle ore fresche, bevete molta acqua, mangiate frutta e non cose pesanti.
E se Renzo Arbore ha reso immortale l’ovvio – “Lo diceva Neruda che di giorno si suda” – , almeno lui non cercava ogni luglio aggettivi sempre iperbolici, dato che i superlativi assoluti paiono ormai improvvisamente inadeguati e l’escalation non è solo quella degli armamenti. Infine, che dire dei nomi scelti dai meteorologi per i fenomeni atmosferici che fanno ribollire i nostri giorni (e le notti)? Ugolino, Caronte, Cerbero e Minosse: escono direttamente dall’Inferno dantesco gli anticicloni africani e le relative ventate di caldo che ravvivano le nostre giornate estive. Così, in mezzo a appellativi tanto terribili, resta da notare come in gergo meteo e giornalistico il caldo arrivi sempre “a ondate”, come se nella crisi generale persino l’estate si possa esprimere solo a rate.
EMANUELA VINAI
14 lug 2016 00:00