L’uomo della cultura

Apparteneva al complesso ma affascinante mondo della medicina, ramo biochimica, godeva di fama meritata, possedeva titoli e carisma tali da consentirgli, benché non meneghino, di stare alla pari coi titolati professori milanesi e magari superarli, ma in quel 1982 che a Brescia schiudeva panorami universitari nuovi, lui – Augusto Preti, classe 1941 – si mise in fila per ottenere udienza e cattedra nella nascente Università di Brescia in cui nulla era ancora definito e certo, dove ci si doveva accontentare delle briciole distribuite dal sistema centrale (“fortunatamente impinguate dalla passione di tanti locali che all’Università assegnavano non solo il dovere di formare professionisti ma soprattutto quello di alzare il tono culturale, sociale, politico e industriale della città”), ma anche in cui tutto era sperimentabile e nessuna sfida era considerata persa in partenza. Bruno Boni, che per l’Università a Brescia aveva speso le migliori energie, vide in Augusto Preti, ovviamente dopo aver scherzato con sottile arguzia ed eccellente spirito popolare su quel suo cognome che lo assimilava a prelati e monsignori, l’uomo su cui puntare per dotare la città di un vero e forte Ateneo pubblico.
Preti aveva spalle larghe e cervello fino, era quindi capace di districarsi tra i politici con garbo, fermezza, intelligente ironia e piglio autenticamente bresciano, per far prevalere le idee e mettere fuori gioco ogni pretesa dettata dalla logica partitica. Vantando quei requisiti e senza minimamente prestarsi ai giochi di potere ottenne il titolo di Rettore Magnifico, “che è un bel dire −specificava ai cronisti del tempo −, ma anche il modo migliore per ricordarti che ogni parola, azione, gesto e decisione dovrà essere altrettanto magnifica, mai fuori dal coro… In caso contrario sarebbe solo fumo…”. Spandere fumo, però, non era nelle sue abitudini. Augusto Preti preferiva il poco ma sicuro, e con quel poco aggiungeva mattoni al grande edificio immaginato per ospitare l’Università di Brescia. Quel fare senza strafare, fatto con giudizio, accortezza e conoscenza gli assicurarono il primo Rettorato, ma anche il secondo, il terzo, il quarto… fino a sommare ben ventisette anni di un impegno che terminò nel 2010. Era orgoglioso di aver servito la città, la cultura, il mondo giovanile, la ricerca scientifica, insomma l’Università, quella sì da proporre a modello e riferimento se si voleva far crescere libere e forti le nuove generazioni. Augusto Preti se ne è andato lo scorso 29 marzo. “Riposa in pace” gli hanno detto in tanti. Di sicuro si godrà la pace, quanto al riposo dipenderà dagli umori del Cielo e da chi li sente e li adegua ai nuovi arrivati.
