L'università del crimine
“La città esclusa secondo Giancarlo Zappa” è il titolo del convegno sul carcere tenutosi presso il Tribunale di Brescia, organizzato da UGCI - Unione giuristi cattolici italiani, e dalla Fondazione Micheletti, con il patrocinio del Comune di Brescia. L’occasione è costituita dalla pubblicazione della seconda edizione del libro “La città esclusa” (ed. Vannini) scritto dal magistrato sul tema della situazione carceraria anche bresciana alla fine del XIX secolo. Diviso in due parti, l’incontro prevedeva l’approfondimento − coordinato da Paolo Corsini − della figura di Zappa come storiografo della carcerazione a Brescia. La seconda parte, coordinata da Roberto Rossini, approfondiva la figura di Giancarlo Zappa come magistrato attuatore dei principi costituzionali in carcere, grande educatore che prima del carcerato vedeva “la persona”.
Il testo offre un contributo di prim’ordine supportato da un vasto impianto documentario e da una doviziosa bibliografia, spaziante dalla storia al diritto, alla sociologia ed alla psicologia sociale, in grado di restituire aspetti rilevanti della società bresciana del XIX secolo: l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il ruolo del personale religioso, le condizioni di vita dei detenuti, il pauperismo diffuso, le dinamiche familiari e le loro strategie, le iniziative della società di patronato e dell’ente locale, la storia di Canton Mombello, oggi Casa circondariale Nerio Fischione (dal progetto del 1877 al 1914, data di ultimazione dei lavori), il ruolo fondamentale giocato dal Comune (con la “Commissione visitatrice”), il senso civico della comunità bresciana, rivolta alle persone sofferenti attraverso interventi di associazioni e corporazioni anche religiose, volte a sanare le lacune ministeriali sulla gestione del mondo carcerario ed extracarcerario.
Definito spesso il padre dell’ordinamento penitenziario, il “presidente” Zappa aveva capacità di visione predittiva (il libro venne pubblicato nel 2000). Un certo immobilismo statale impone anche oggi la necessità di costruire un istituto penitenziario adeguato alle politiche dell’esecuzione penale. Il carcere, emarginato dal contesto sociale della città, appare come simbolo di catalizzazione del male nell’illusoria credenza che in esso si possa racchiudere la devianza. Lo spazio detentivo è pure insufficiente: la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel 2013 paventava la condanna dell’Italia per trattamento carcerario inumano e degradante, in contrasto con l’art. 27 della Costituzione. Come prevedeva il giudice Zappa, permane il dovere sociale di impedire che il carcere sia l’università del crimine: la necessaria sanzione deve essere solo un passaggio utile per il reinserimento del reo nella società.