L'umiltà di Gigi Riva
Appartengo a una generazione alla quale è capitato di vedere Gigi Riva una sola volta in campo: quando, dopo il rigore sbagliato nella finale di Usa 1994, il Divin Codino, Roberto Baggio, ha appoggiato la testa sulla spalla di Riva per piangere. Non per niente, Baggio, in una lettera scritta in questi giorni, l’ha ringraziato per la sua umiltà, valore inusuale e incomprensibile nella vita scintillante di qualsiasi campione attuale, ma Gigi è vissuto esattamente secondo il significato più originario del termine: umile, perché capace di appoggiarsi alla terra e di essere terra per sostenere.
Così si può leggere il suo legame di affetto e di adozione con la terra, con il mare sardo e con la città di Cagliari, la scelta del tanto silenzio fuori dal campo di gioco, perché il rombo del tuono si sente di più se confinato solo ai minuti della partita, la relazione disponibile con i più giovani giocatori in Nazionale perché si sentissero parte di una storia più grande di loro. Tutte le volte si dice che se ne va un campione di altri tempi e, forse, sarà così anche per questa volta: o forse no, perché, stavolta, la terra umile continuerà a dare germogli. Speriamo non solo nel calcio, ma in tutte le squadre che giocano un ruolo importante nella vita e nella società.