L'astensionismo ha battuto il voto
Ci sarà un motivo per cui oltre il 50% degli elettori non si sono recati ai seggi per le elezioni del Consiglio regionale della Basilicata ma non credo che sia legato alla Regione. Da tempo, da molti anni il trend degli astensionisti è in costante ascesa e non accenna ad invertire la rotta: sul piano pratico ciò significa che solo una parte dei cittadini del Paese avverte la motivazione di esercitare il diritto-dovere di esprimersi. Pertanto i risultati e le percentuali dei partiti votati vanno sempre commisurati al numero dei votanti: se la metà si astiene vuol dire che quei risultati rappresentano una democrazia minoritaria. C’è molta, palpabile sfiducia ma non sembra che le forze politiche ne tengano conto. Non manca il senso civico ai cittadini, manca una proposta politica credibile e rappresentata da candidature convincenti, manca un’idea di società e di Stato, manca la consapevolezza di cosa siano le istituzioni elettive. Lo stiamo notando anche in vista dalle Europee: non so cosa stia accadendo negli altri Paesi dell’U.E. ma lo spettacolo nostrano è indecoroso ed esprime i guai di sempre: con il tramonto delle ideologie si sono perduti per strada anche gli ideali. I partiti si sono lestamente impadroniti della politica e in questi giorni che precedono le candidature si è parlato molto di capilista e quasi niente di programmi.
Che Europa andremo a rappresentare? Chi manderemo in nome del popolo italiano? Tra i cosiddetti leader di partito ci sono quelli che vogliono il nome nel simbolo, altri pudicamente rinunciano. Ma il panorama è davvero sconsolante. La confusione regna sovrana e il non andare a votare potrebbe essere letto persino come un atto di difesa, un prendere le distanze da persone che non meritano fiducia. Eppure i nomi dei candidati e quelli dei capilista sono stati gli argomenti prevalenti. Abbiamo i missili che solcano i cieli non lontano da noi, il mondo è in ebollizione, le vittime sommano numeri da carneficina: bambini, anziani, donne. Per le guerre, per le religioni fondamentaliste, per l’odio e la vendetta che non si fermano. Per i rigurgiti delle dittature e dei totalitarismi. Poi ci sono le stesse condizioni dell’Europa che alimentano incertezze: mai decisioni unanimi, tutto è labile ed incerto: ne abbiamo avuto prova dal voto sul Patto di stabilità. Sembrava che la GB si ricredesse sulla Brexit ma Sunak sta blindando il Paese. La politica nostrana è un palcoscenico indecoroso: i cittadini non votano perché si sentono abbandonati, non protetti, la violenza dilaga nelle strade, nelle case, nelle scuole, negli ospedali. L’ingiustizia sociale è una piaga insanabile, la digitalizzazione complica e accresce una concezione burocratica e asfissiante della vita che è una tara tipicamente italiana, i ricchi si arricchiscono e i poveri impoveriscono. Molti giovani sono allo sbando, circolano tra loro droghe e armi, poca voglia di studiare e di lavorare, inebetiti da influencer e social, gli anziani soli e depredati da lestofanti, i disabili umiliati e marginalizzati, le culle restano vuote. C’è il problema della casa: affitti altissimi e mutui insostenibili. Come si può pensare che la gente si infervori per campagne elettorali ripetitive e banali, con temi poco convincenti? E quel riproporre il mantra dei soliti nomi significa che in politica non c’è spazio per i capaci e i meritevoli attinti dalla società civile: ci sono persone che hanno occupato tutte le poltrone più ambite e per questo sono complici dello sfascio generale: morale, economico, del senso civico. Gente senza pudore che si ripropone ancora, candidati che si mettono in cima alla lista solo per attirare consensi pur sapendo che poi rinunceranno ad elezioni avvenute. O peggio chi vorrà stare un po’ qui e un po’ a Strasburgo: sono persone che hanno perso il senso del limite e sono convinte che non ci sia qualcuno migliore di loro. Non parliamo delle alleanze: amici-nemici, in Italia a un modo, in Europa vedremo. Diciamo che la gente è anche stufa di essere presa per i fondelli: la politica non è una vocazione, il “beruf” come direbbe Max Weber ma occasione di lucro e di carriere fulminanti. Si attinge anche dalla cronaca, tra vittime e vittimisti. Tutti hanno ragione ma pochi dicono qualcosa di sensato. Si dispensano molte pacche sulle spalle, si stringono molte mani ma il vero obiettivo non è la condivisione di un ideale o la benevolenza verso condizioni di vita sempre più difficili, la certezza del diritto è una chimera scritta nei codici e le promesse dilagano ripetendo squallidi spartiti già andati in scena. Dopo il voto, che Dio ci aiuti, si spera che l’Europa si ricompatti nella difesa delle istituzioni, dei valori condivisibili e nella memoria della civiltà un tempo espressa.
Ma non aspettiamoci risposte dalla politica, tutto sarà casuale perché tutto già ora è indecifrabile.
Questa è una politica che si avvale della facoltà di non rispondere.