L'Africa nell'anima
Il risveglio è la mattina alle sei al suono della campana della Missione. Già dalle cinque, ancora buio, si è levata la voce del Muezzin che chiama alla preghiera. Qui a Bafoussan sentiamo solo due Muezzin distanti tra loro. Nei luoghi dove ci sono molti musulmani è un rincorrersi concitato di grida che tagliano l’aria dall’alto dei minareti. Solo tre mesi fa ,due giorni prima del 7 ottobre, eravamo in Palestina e due mesi fa eravamo a Istanbul.
Mentre si celebra la Messa con la presenza devota di una ventina di fedeli assidui, il sole si leva lentamente tra le colline e una sottile nebbia dovuta sia all’umidità che alla polvere portata dall’Harmattan il vento dal deserto. Eppure l’aria non è pesante, giorno e notte spira una brezza leggera, siamo quasi a 1500 m immersi nei bananeti tra piante di palma campi di mais arati e seminati in attesa della pioggia benefica e a volte travolgente che scende da marzo ad ottobre. Il paesaggio è collinare, ovunque si sale e si scende con pendenze notevoli. Solo le strade principali sono asfaltate, il resto è avventura. Un denominatore comune di tutta l’Africa sono le tolle sui tetti delle case che un tempo erano capanne. Una vita dura, da secoli, solo in parte simile a quella dei nostri contadini di un tempo. La vita dura spiega a sufficienza il perché dell’esodo mondiale verso le città, soprattutto all’interno del Continente asiatico, che vanta molti primati a noi sconosciuti. Ancora la vita dura e l’assenza di prospettive per i giovani spiegano il fenomeno del tutto marginale, visto dalla terra africana, dell’ emigrazione verso l’Europa.
Benvenuti dunque in Africa. L’Africa rurale della Brousse è questa. Si calcola, però, che, per ribadire l’assunto precedente, milioni di africani si sposteranno progressivamente nelle città; qualcuno azzarda statistiche imponenti. Entro il 2050, il 65-70% di africani andrà in una grande città o trasformerà una città grande come Brescia in una metropoli come Milano. Noi non saremo più su questa terra.
Stiamo parlando di un miliardo e mezzo di esseri umani. Questo Esodo è in corso e per certi aspetti è già avvenuto. Da qui gli enormi contrasti del continente africano. L’Africa è entrata a modo suo e da tempo nella modernizzazione. Con alcune punte nelle grandi città come Lagos, Kinshasa, Dakar, Accra, Città del Capo, Johannesburg, per limitarci all’Africa Nera…. questa modernizzazione si vede ovunque girando lo sguardo e ovunque appare stridente il contrasto.
La nostra analisi è superficiale ma certamente è un guardare dentro, che condivide e partecipa, e se si può fare una banale critica ai luoghi comuni sull’Africa è che chi parla e sentenzia non è mai sto in Africa. Con tutto questo, mi dispiace per coloro che parlano dell’Africa solo per accusare l’Occidente di colonialismo e neocolonialismo, per accusare i cinesi, o gli americani, quando intervengono perché intervengono e quando non intervengono perché non intervengono. Certamente sono problematiche reali e scottanti, ma i veri problemi africani sono all’interno dell’Africa stessa che ha bisogno di risvegli e non di alibi. L’Africa è in progress, in Africa ci sono grandi ricchezze. C è troppa povertà ma non c’ è miseria.
L’Africa dunque è un continente immenso che reclama un inarcamento dei popoli africani, dei quali la ricchezza più grande oltre il territorio immenso, è la popolazione fatta di giovani con un potenziale di energia e di intelligenza molto elevato. Una popolazione che deve scrollarsi di dosso una politica basata sulla figura del Capo e del privilegio. Questo vale, e dispiace dirlo, anche e soprattutto per la Chiesa in Africa che,Vangelo alla mano, è chiamata a dare un esempio.
Mentre scrivo si sente assordante il lavoro della Trivella Indiana che scava il pozzo e scende a 100 metri, gli operai specializzati sono africani. Hanno già trovato L’acqua ma scendono per maggiori garanzie. Per capire l’importanza di un pozzo in Africa provate a stare una giornata senza acqua.
Tutto questo accade perché viaggio con due bresciani, uno di città e l’altro della Valtrompia. Hanno capito subito senza bisogno di capi e di raccomandazioni, cosa si doveva fare, e che ci sono altre cose che si possono fare…. Hanno chiamato all’appello gli amici bresciani che hanno corrisposto immediatamente. Ho capito che Brescia senza avidità e avarizia è una potenza mondiale. Ieri un bambino per strada mi ha salutato chiamandomi per nome “pere Mario!!”. Credo abbia sentito il mio nome durante la messa, mi sono fermato e ci siamo stretti la mano come due amici, ho preso questa esile voce come una chiamata divina… è così difficile pensare che siamo tutti uguali?