Italiani litigiosi
La società moderna, nell’obiettivo di regolare al meglio la vita dei propri consociati, cerca di risolvere le loro controversie, per evitare l’esercizio arbitrario delle ragioni e le conseguenti violenze, i disordini. E’ nato così il “processo”. I tribunali ed i giudici hanno questo difficile compito. Gli italiani sono considerati una popolazione litigiosa: a fronte del numero ingente di cause “iscritte a ruolo” i governi non riescono a investire somme sufficienti per garantire (aumento dei giudici togati, ottimizzazione delle regole processuali e delle cancellerie) il miglior funzionamento dei tribunali. Le cause pendenti superano per quantità la capacità di definizione delle liti da parte dei magistrati togati, i quali per tradizione italiana sono estremamente preparati, ma numericamente inferiori al necessario.
A fronte dell’arretrato “patologico” di cause pendenti il giudice fatica a definire entro termini equi le controversie sottoposte. Il legislatore è intervenuto su sollecito della Comunità Europea creando la “Legge Pinto” (n. 89 del 24.3.2001) che sancisce la durata “equa” dei processi: 3 anni per i procedimenti in primo grado, 2 per quelli in appello, 1 per quelli in Cassazione (le tre fasi sono ritenute necessarie per garantire al meglio la tutela dei cittadini). Totale: sentenza definitiva in 6 anni. La legge predispone addirittura la possibilità di citare in giudizio lo stesso Stato in caso di ritardo. Ma vi sono altre vie per smaltire l’arretrato “patologico” e velocizzare la risoluzione delle liti: la creazione di un processo più snello e di un sistema alternativo per la risoluzione dei conflitti fra cittadini. Il nuovo processo è decollato con la “Riforma Cartabia” (10 ottobre 2022) e si continuerà a rimodulare nel tempo sfruttando l’evoluzione della scienza. Il processo è diventato “telematico”, cioè si avvale di novità tecnologiche che permettono effettivamente di velocizzare le procedure e le attività giudiziarie, a beneficio dei cittadini (contatti più veloci fra avvocati e cancellerie, udienze più veloci in forma indiretta o utilizzando video conferenze, risparmio di attività da parte delle Cancellerie, ecc.). Ne vedremo il risultato fra qualche anno. L’altro momento decisivo è stato il 4 marzo 2010, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 28 che regola la Mediazione civile e commerciale (ADR: alternative dispute resolution) e consente di risolvere le controversie evitando i tribunali e favorendo metodi alternativi alla sentenza coercitiva. Ciò implica una svolta “culturale”: si possono risolvere le controversie in modo “amichevole”, seppur con l’aiuto di strutture ed operatori specializzati.