Intelligenza artificiale e ignoranza naturale
Il documento del Papa per la 57ª Giornata mondiale della pace “Intelligenza artificiale e pace”, approfondisce il delicato tema del rapporto tra etica e tecnologia, anche alla luce delle applicazioni più catastrofiche: la produzione di nuovi strumenti di guerra. È certamente l’accelerazione dei conflitti e delle possibilità della tecnica a rendere questa sfida ancora più pressante. IA e pace, un accostamento inedito, ma che si giustifica con il richiamo alla responsabilità umana e alla costruzione di una coscienza critica, fondamento per una convivenza pacifica.
“L’educazione all’uso di forme di IA dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età (…) sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di IA. Le scuole, le università (…) sono chiamate ad aiutare (…) a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia” (n. 7). Educare al pensiero critico e alla riflessione etica, che del pensiero è forse l’espressione più alta e matura. Come discernere cosa è bene e cosa è male, quali usi dell’IA siano per il bene di tutti e quali per il vantaggio di pochissimi? Mancano pochi giorni alla Giornata della memoria, in cui dovremmo ricordarci quanto l’ignoranza naturale e il sonno del pensiero critico, conditi con l’indifferenza, abbiano causato la più grande catastrofe conosciuta dall’umanità. Nella riflessione etica il primo passo è la conoscenza, senza cui non vi può essere discernimento. Secondo l’OCSE sono sei i livelli di alfabetizzazione: solo dopo il terzo, “competenze sufficienti per poter analizzare un testo di cui si ha familiarità” si acquisisce un livello base per garantire un corretto inserimento nelle dinamiche della vita sociale, economica e occupazionale.
Dovremmo puntare al sesto livello “conoscenze elevate che permettono di confrontare ed integrare in maniera dettagliata e precisa più informazioni da più testi complessi”, ma in Italia la percentuale di analfabeti funzionali, che non raggiungono il livello 3, è all’incirca il 46,3% della popolazione tra i 16 e 65 anni. Dunque, se l’IA giustamente preoccupa, l’ignoranza naturale terrorizza. Forse questo analfabetismo funzionale è una delle cause della ristrettezza mentale e dell’ignoranza mostruosa dei fatti del passato, talvolta anche da parte di chi ha responsabilità pubbliche. È vero che non esiste un antidoto sicuro alla violenza e che nessuno di noi ne è del tutto indenne, ma forse in passato chi non sapeva, i più, non aveva nemmeno i mezzi per agire su larga scala. Oggi in cui tutti dovremmo sapere, anche chi non sa, può!