Insieme per un lavoro più giusto
“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo”. Lo diceva Adriano Olivetti verso la metà del 1900 ed è vero anche oggi: è un tormento non avere un lavoro ed è un tormento non averlo decente. Non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro. E allora perché fare festa se per molti il lavoro è ancora un tormento? Per fare memoria di ciò che conta, per pensare al lavoro e al suo significato per la nostra vita, per guardare al passato e interrogarlo, per capire ed essere capaci di cura e di responsabilità nel presente, per tenere alta la consapevolezza del lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale (EG 192), quattro aggettivi che dicono le condizioni attraverso le quali il lavoro può diventare l’attività nella quale l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita.
La festa del lavoro, poi, ci aiuta a superare il paradosso di cui siamo prigionieri oggi: da un lato facciamo fatica a pensare che con il lavoro esprimiamo il nostro potenziale di vita e realizziamo la nostra umanità e dall’altro lato viviamo la novità crescente di persone che abbandonano un lavoro sicuro per motivi etici. Il mercato del lavoro è fatto di persone vive, di volti e storie concrete; persone che si misurano quotidianamente con le loro aspettative e preferenze, i loro sogni e desideri, ma anche con i vincoli e le opportunità che derivano dalla loro condizione personale e famigliare, dalle occasioni di lavoro offerte dal contesto economico-produttivo, dalle caratteristiche che queste hanno, dalle politiche e dai servizi che supportano nel cercare un lavoro. Eppure, rischiamo di dimenticarlo. È importante ricordarlo perché se leggiamo che è salito il tasso di occupazione abbiamo bisogno di capire quale tipo di lavoro è stato trovato, quanto corrisponde alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, delle loro famiglie, se è adeguatamente retribuito, sicuro, protetto, se è un lavoro decente. La valutazione della quantità del lavoro non può e non deve essere separata dalla valutazione della sua qualità. Non possiamo ignorare tutto ciò che, anche nella nostra realtà locale, priva il lavoro della sua dignità.
È molto alto il numero di vittime di incidenti sul lavoro, e non meno preoccupanti sono anche i dati relativi agli infortuni; i disoccupati, gli inattivi, gli irregolari, i lavoratori in nero si sono assuefatti a una insicurezza che spesso porta ad uno sfruttamento disumano e noi continuiamo a sentir parlare di sicurezza solo in materia di migrazioni come se il vero “pericolo” fosse quello; non possiamo ignorare le criticità relative all’occupazione femminile. Secondo il Global Gender Gap Report 2023 al ritmo attuale ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità tra i generi, né le disparità a motivo di età, provenienza, orientamento sessuale; non possiamo ignorare il rapporto sulla povertà che ci consegna la drammatica situazione dei Working poor, di persone per cui il lavoro non garantisce una vita dignitosa per sé stessi e per la famiglia; non si può essere indifferenti alla condizione dei neet, giovani che non studiano e non lavorano, né alla difficile situazione di tante imprese che non riescono a trovare i lavoratori che cercano.
Il lavoro per molti è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e più che “un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale”. Non ci è lecito guardare da un’altra parte. Possiamo sognare un futuro diverso? Olivetti diceva che “un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”. Cominciamo a lavorare insieme al sogno di un lavoro decente per tutti, che ci leghi gli uni agli altri in rapporti di pari dignità, facciamolo attraverso l’innovazione, la digitalizzazione, la transizione energetica, ma anche attraverso la sostenibilità, l’inclusione, la valorizzazione delle differenze, la formazione, la spiritualità. Molti lo stanno già facendo. Dovremmo avere tutti il coraggio di un sogno così.