Impresa e cultura
Ricordo lo stupore, denso, profondo e del tutto inatteso quando scoprii, anni addietro, grazie all’amico prof. Michele Dorigatti, la figura illuminata di un grande uomo e industriale del dopoguerra italiano, Adriano Olivetti. Rimasi incantata dalla profondità e spiritualità di un imprenditore capace di credere nell’“arte rivoluzionaria della cultura” ritenuta capace di donare all’uomo “il suo vero potere”.
Una cultura tradotta in “libri, corsi, opere dell’ingegno e dell’arte”, “luce dell’intelletto e lume dell’intelligenza”, che Olivetti fece vivere nella fabbrica organizzando biblioteche, borse di studio e molti corsi affinché i lavoratori potessero in un luogo di lavoro crescere e cibarsi del sapere, simbolo e strumento per la trasformazione dell’immagine della fabbrica. La “virtù liberatrice della cultura”, vissuta e proposta in una fabbrica concepita a misura dell’Uomo perché il lavoro divenisse strumento di riscatto e “non congegno di sofferenza”. E l’impresa si trasforma nella sua veste, diviene luogo di crescita e sviluppo dell’uomo che vi lavora e, in un circolo virtuoso, luogo di trasformazione e miglioramento di sé stessa, artefice e promotrice del suo stesso sviluppo imprenditoriale per tramite del miglioramento degli Uomini che la fanno e la rappresentano.
Ed ancora l’impresa, fedelmente ancorata al suo territorio, linfa e contributrice diretta della vita culturale, civile e sociale dell’ambiente in cui traduce il suo fare imprenditoriale in radici vigorose e profonde che nascostamente nutrono altre e nuove azioni imprenditoriali, manifestando una forza generativa silente ma vigorosa. La cultura quale bene comune per il mondo civile e per le imprese, con la “forza dei campanili” che uniscono e non dividono le energie, come ci ha indicato il nostro Presidente della Repubblica nel discorso di inaugurazione dell’anno in cui la nostra Brescia, insieme a Bergamo, è Capitale della Cultura.
È una cultura reale, dice il Presidente, la nostra, in terra bresciana, “sentimento della comunità ed espressione di buone pratiche di governo”, segnata dalla “laboriosità” anche dell’industria. Ed è anche espressione di libertà e “riserva dell’umanesimo che è nel nostro DNA”, continua il Presidente, cifra dell’azione imprenditoriale che Olivetti fece sua nell’interpretare la fabbrica quale luogo generativo nel tessuto economico, imprenditoriale e civile. E voi, imprese bresciane, nell’anno della Capitale della Cultura come pensate di contribuire a traguardare quanto sancito dall’art. 9 della Costituzione secondo cui la Repubblica “promuove lo sviluppo della cultura”?