Imbottiti di pillole e infelici
“La chimica non salva la vita”. Parola di Paolo Crepet, noto psichiatra, a commento della notizia dei dati sull’utilizzo delle pillole antistress in Italia, a cura dell’Agenzia Italiana del Farmaco. È aumentato del 20% l’uso di ansiolitici nel corso degli ultimi sette anni ed è stato calcolato che circa 17 milioni di italiani hanno fatto uso di antidepressivi (il 7% della popolazione ne fa uso stabile), con un accesso al mercato via internet che ne rende sbrigativo il commercio senza nemmeno avere le competenze mediche e sanitarie per sapere se fanno bene o male (revival di un film già visto con la questione vaccino). Troppe paure, troppe ansie, troppi traumi. Quindi anche troppe pastiglie a cui si delega la speranza magica di risolvere tutto e subito. Sembrerebbe quasi, per ribaltare la parola dell’esperto, che sia la vita, quindi, questa nostra vita incasinata, a salvare la chimica. Non se ne esce da questo circolo, a meno che si ritorni alla vita molto fisica e molto spirituale: quella che dona per quel che cerchi e non solo per come consumi. Con quelle formule antiche, del tipo: non si può stare in buona relazione con se stessi senza buone relazioni con gli altri; o godere di risultati senza faticare concretamente. Semplice come bere un bicchiere di H2O. Senza pastiglia.