Il valore del bene comune
Si chiamava Doralice, ma per tutti era Bice, un condensato di gentilezza, stile, disponibilità, generosità e fine intelligenza, prototipo di donna mal disposta ad accettare di essere relegata a ruolo di comparsa o solo di supporto nella crescita della società. Maestra e docente, Doralice Vivetti fu tra le prime donne a rivendicare, in una società distratta e ancora lontana dall’idea di parità, il diritto di essere protagoniste. Bice è morta la scorsa settimana dopo aver lottato a lungo contro la malattia. Aveva 90 anni, “tanti o pochi sono tutti custoditi nella mia bisaccia e tutti possono confermare che li ho vissuti cercando di dare senso e valore al bene comune”.
Nata nel Milanese da genitori bresciani, cresciuta a pane e Vangelo, dopo gli studi e la conquista del titolo di maestra, Bice trovò a Brescia la risposta alla sua idea di servizio e di partecipazione. Abbracciò la politica scegliendo la Democrazia Cristiana come banco di prova per iniziare la sua avventura “tra la gente e per la gente” e così dare concretezza ai sogni a lungo cullati, quelli che immaginavano una società solidale e, perciò, capace, disse al cronista che la intervistava, di “aiutare i più deboli, magari quelli che sono sempre all’ultimo posto, a trovare comprensione e aiuti in grado di sollevarli e renderli protagonisti”. Affascinata dalla politica di servizio e non di rendita, nel partito, era la risorsa a cui aggrapparsi per affermare e dare visibilità ai valori di solidarietà e fraternità che albergavano nella “DC”.
Bice sedette nel Consiglio di amministrazione degli Spedali Civili, col preciso intento di coniugare al meglio le azioni necessarie a garantire il diritto di tutti a essere curati e, magari, anche guariti. Dopo quell’esperienza – “sette anni a contatto con sofferenza e, qualche volta, anche con la gioia per la salute ritrovata hanno rafforzato l’idea di servizio che deve sovrintendere ogni impegno politico” –, con pari entusiasmo, Bice accettò l’impegno di consigliere comunale della città. In tempi diversi ,fu assessore all’Assistenza e poi alla Cultura e, nel 1992, culmine degli anni della crisi del Consiglio comunale cittadino anche vice, “cioè spalla ideale e solida di Gianni Panella, chiamato a fare il Sindaco con l’incarico di ridare alla città certezza di buon futuro”. Poi, per concludere, la presidenza del Centro bresciano di solidarietà e della Fondazione Asm a cui seguì il tempo di rappresentanza nel consiglio di amministrazione del Teatro Grande. Dopo tanto impegno, anche il tempo della solitudine che solo gli incontri con amici e amiche rendevano meno pesante.