Il treno dei desideri corre velocemente
In tempo di alta velocità, quando da Roma si arriva a Milano in meno di 3 ore e da Milano a Brescia servono appena 36 minuti, chiedersi a che velocità va nella società attuale “il treno dei desideri” (di celentaniana memoria) è persino pleonastico
In tempo di alta velocità, quando da Roma si arriva a Milano in meno di 3 ore e da Milano a Brescia servono appena 36 minuti, chiedersi a che velocità va nella società attuale “il treno dei desideri” (di celentaniana memoria) è persino pleonastico. Risposta: alla velocità della luce. La casistica dei desideri è infinita, tocca tutti gli ambiti dell’esistenza umana: la nascita, la morte, gli affetti, il lavoro, i rapporti sociali, la politica, l’economia, il tempo libero, il futuro. Tutti eticamente leciti? Tutti giuridicamente legittimi? Tutti esistenzialmente possibili? Quando la cronaca, come in questi giorni, sbatte in pasto dell’opinione pubblica storie a grande impatto emotivo, la maggioranza dice di “sì”.
Come non dare superficialmente un placet al “desiderio di morire” del dj Fabiano Antoniani dopo tanto dolore? E se capitasse a noi come ci comporteremmo? Oppure come non dare un passalà al “desiderio di genitorialità” dei due padri dei gemellini nati da maternità surrogata in Canada? L’amore non ammette discriminazioni e la cura di quei bambini viene prima di tutto! Il meccanismo di costruzione del consenso collettivo è perfetto e l’effetto sull’opinione pubblica è ottenuto. La componente emotiva viene spinta fino al limite, diviene dirompente e travolge ogni ragionamento contrario che la gente semplicemente taccia di oscurantismo. E se il dibattito è comprensibile, in un contesto pluralista, ciò che non è accettabile è la pretesa di evitare lo sforzo dell’approfondimento e all’ascolto.
Va detto. Certe storie sono amplificate ad arte per innescare sdegno e imprimere accellerazioni alla traduzione dei desideri in leggi dello Stato. “Qualunque desiderio, pur legittimo che ognuno può avere, − ha ricordato il card. Angelo Bagnasco − non deve mai diventare necessariamente un diritto”. Una premessa che dovrebbe mettere tutti d’accordo, insieme al necessario impegno a capire come desideri, ethos e legge possono stare insieme in vista del bene comune e del rispetto della dignità di ogni essere umano. In questo senso il percorso che da alcuni mesi l’Accademia cattolica di Brescia ha proposto al territorio è di assoluto pregio. Un ricco programma di interventi relativi all’umano che mirano a “prestare attenzione al tema del diritto/diritti in relazione alle richieste sempre più frequenti di riconoscimento dei diritti delle persone”. L’evoluzione del tema del diritto naturale, il nesso tra diritti e libertà, la variazione del concetto di persona (identificata con individuo) e di libertà (affermazione di sé senza vincoli) hanno prodotto una variazione del concetto di diritti e, con essa, è cambiata anche la concezione di legge. Se pensiamo che sta per chiudersi una legislatura che, forse più di altre, ha prodotto leggi sui cosiddetti “diritti civili” (le unioni civili, il divorzio breve e altre ancora potrebbero aggiungersene come la legge sull’omofobia e il fine vita) capiamo cosa sia in gioco. Ecco perché approfondire è necessario anche in ambito cattolico. Il rischio di sventolare la bandiera dei valori più o meno negoziabili a tutti i costi, o dall’altra parte l’assoluta sovranità del desiderio individualista, sempre in nome del Vangelo è facile. Più difficile è capire che se i diritti non hanno più una radicazione “ontologica’” nella persona, la cui identità non coincide con l’opinione della maggioranza dei cittadini, si registra ormai uno scollamento tra diritti ed etica in forza del nesso tra diritti ed ethos. Ma come intervenire? E qui casca l’asino.