Il trasporto va in fumo
La sensazione che il trasporto regionale possa finire in fumo è reale, se, come dice la stessa Regione Lombardia, l’età media del materiale rotabile (sic!) ha la stessa età del mio pendolarismo tra Brescia e Milano: 17 anni e mezzo
4 ottobre 2017, ore 18.15. Treno 2091 Milano centrale-Brescia. Il solito odore di freni si fa intollerabile e scende nei polmoni. A Treviglio, una voce: «Il treno va a fuoco!». È solo fumo che, dalle sospensioni, entra in vettura. Ma lo “spettacolo” è impressionante. Il tempo di girare un minivideo - che invio solo a un amico di Trenord, per non alimentare la rabbia e l’orgoglio dei social - e tutti a terra. Stessa scena, ma in direzione contraria, un mese dopo, il 7 novembre, sul 2090 delle 6.56 Brescia-Milano. Non è una coincidenza. Quel “doppio piano” è esattamente lo stesso e, anziché essere rottamato, continua a viaggiare.
La sensazione che il trasporto regionale possa finire in fumo è reale, se, come dice la stessa Regione Lombardia, l’età media del materiale rotabile (sic!) ha la stessa età del mio pendolarismo tra Brescia e Milano: 17 anni e mezzo. Significa che, se il 50% dei treni è nuovo, metà ha almeno 30 anni di anzianità.
È ovvio che, su tratte così affollate, un ferro vecchio che si blocca manda in tilt tutta la linea. Succede spesso. Insieme ai ripetuti problemi delle linee elettriche, persino nella stazione centrale di Milano, e a tutte le altre criticità segnalate dalla Regione, che gestisce i 433 milioni di euro del contratto di servizio appaltato a Trenord, su cui deve esercitare il controllo. Nel 2016 l’indice di puntualità è stato dell’85,5% dei treni giunti a destinazione entro 5 minuti rispetto all’orario previsto, con la Milano-Verona e la Brescia-Parma tra le linee peggiori; il 15% dei convogli non ha rispettato la composizione prevista, con carrozze sovraffollate nelle ore di punta; né si sono registrati miglioramenti evidenti per quanto riguarda i guasti alle porte, l'illuminazione a bordo, la temperatura interna (estate/inverno) e la pulizia a bordo.
Tutto questo mentre l’Alta velocità si appresta a collegare Brescia e Milano in 30 minuti, ingolosendo molti pendolari a svenarsi pur di guadagnare tempo e risparmiarsi disservizi. E mentre un altro nastro d’asfalto scorre, beffardo e un po’ ramingo, accanto alla ferrovia: simbolo eloquente della mancanza di coordinamento in un territorio che ha bisogno come il pane di disincentivare il trasporto su gomma a vantaggio sia di forme più sostenibili di mobilità sia dell’aria che respiriamo.
Premesse e promesse per cambiare passo ci sono, a partire da un diverso cadenzamento dei treni per inserire corse più veloci e con meno fermate. Ma, dopo quasi due anni di annunci, per ora c’è solo fumo. Chissà che a dicembre, con il nuovo orario qualcosa cambi. Come si dice, chi… viaggerà, vedrà.