Il rischio dell'élite laicale
“I carismi dei laici, nella loro varietà, sono doni dello Spirito Santo alla Chiesa che devono essere fatti emergere, riconosciuti e valorizzati a pieno titolo”. Ovviamente siamo tutti d’accordo con questa espressione della Relazione di sintesi dell’ultimo Sinodo dei Vescovi appena concluso. La vera domanda è: perché non si riesce? Perché non emergono o non sono evidenti i carismi dei laici? Vi assicuro, da prete, che questa esigenza è tremendamente attuale.
Qui il Sinodo si fa acuto e sottolinea tre situazioni che impediscono ai laici di fare i laici: quando devono troppo sostituire i preti (per noi è tentazione da unità pastorale), quando i preti fanno tutto (tentazione clericale perenne) ma, soprattutto, quando creano “una sorte di élite laicale che perpetua le disuguaglianze e le divisioni nel Popolo di Dio”. Cioè quando si pensa di salvarsi da soli o di salvare solo quelli bravi, tradendo il carisma che salva tutti: da laici si diventa laicisti, non bisognosi degli altri e del Signore. Di solito non capita in modo evidente, ma sottile, strisciante, quasi impercettibile: si prega, ma solo se stessi; si aiuta, ma solo quelli del mio gruppo; si vive in pace, ma solo con quelli che la pensano come noi. Preti e laici, in questo, siamo uguali: non servono solo quelli bravi, ma quelli santi.