Il prematuro trauma del non Natale
L’ultima vittima del Covid è il Natale. Direte: ma come? Ci stiamo solo ora incamminando nell’Avvento e già cerchiamo di eleborare il lutto di una festività che ci appare inevitabilmente perduta? Pare di sì, se si dà credito alle lamentazioni che riempiono i giornali e agli sproloqui degli opinionisti nei talk televisivi.
“Il Natale di quest’anno sarà un non Natale!”. A ben guardare, in questo annus horribilis, l’ultima vittima eccellente, prima ancora del Natale che verrà, sembra essere, ancora una volta, l’Avvento, il tempo breve dell’attesa. Nel 2020 il Covid si aggiunge così a un declino ormai ricorrente e al consueto rito di una sempre più anticipata corsa ai consumi che, con le luminarie, le vetrine, la pubblicità di pandori e panettoni, annienta ogni possibile incisiva percezione di questo tempo liturgico schiacciato tra Halloween, Black Friday fino a Santa Lucia. Non sarà, invece, che proprio oggi, in era Covid, abbiamo proprio bisogno del tempo di Avvento?
A pensarci bene il suo significato e i suoi valori non sono estranei a quanto abbiamo nel cuore in queste giornate, anzi vi è più sintonia. Ci percepiamo sospesi? Il tempo ci risulta rubato, vuoto, incapace di farci gustare la pienezza della vita? Ciò che sembra un’attesa senza senso e senza meta, passiva, snervante e senza prospettiva potrebbe riempirsi di senso incontrando le parole che la Chiesa propone in questo tempo forte e che anche il Vescovo ci ha ricordato. Perché non svuotiamo le nostre menti dai dati, dai discorsi monotematici e dalla nostalgia e non ci rimettiamo in ascolto di un’attesa che, in Avvento, ha il sapore della speranza, del desiderio di un’accoglienza fiduciosa, di un tendersi e attendersi fraterno degli uni verso gli altri, di un Dio che ci viene incontro? Non rinunciamo a pensare che anche questa è una stagione che vale la pena di essere vissuta! E se il prossimo Natale sarà forse un non-Natale, almeno nelle forme esteriori, il suo sapore avrà magari il tratto forte di questo Avvento. Senza troppi pranzi, abbracci e regali, ma non senza desideri profondi. Soprattutto non senza un Dio che non tarderà a visitarci e a farsi vicino a ciascuno.