Il potere degli abbracci
Un’immagine: un figlio stringe la madre anziana. Siamo in una delle stanze degli abbracci per gli anziani in una Rsa. Quasi un’evocazione che mi porta a rivisitare alcune pagine di storia e psicologia: bambini correttamente alimentati, ma privati di interazioni e contatti possono letteralmente morire.
Il caso risale al XIII secolo. Nella “Cronaca” lo storico Salimbene de Adam descrive un esperimento architettato da Federico II di Svevia per replicare alla dibattuta questione che gli antichi linguisti si erano posti sin dai tempi dei faraoni: qual è la lingua umana originaria? L’egiziano, il frigio, l’ebraico? Federico II decise di far nutrire regolarmente un gruppo di neonati in completo silenzio; i piccoli furono toccati quel minimo essenziale per le cure igieniche al fine di eliminare le loro possibilità di interazioni linguistiche con le nutrici. Salimbene narra che quei bimbi non parlarono nè in ebraico, nè in egiziano, nè in alcun’altra lingua, e purtroppo, l’assenza di contatto fisico e verbale li condusse fatalmente alla morte. Così l’imperatore fu incolpato di infanticidio. I resoconti di Salimbene furono indirettamente accreditati dalle osservazioni di Renè Spitzì, uno psicoanalista viennese. Spitz condusse, per la prima volta, uno studio su bambini abbandonati in orfanotrofio seguendo il metodo scientifico sperimentale. Nello scritto “Hospitalism” e nel filmato “Grief a peril in infancy” lo psicoanalista osservò 91 bambini abbandonati sin dalla nascita in orfanotrofio, nutriti regolarmente, ma con limitati contatti interpersonali. Le nutrici dedicavano qualche carezza ai primi della grande camerata in cui stavano gli infanti, ma per gli ultimi il tempo stringeva e non si andava oltre le ridottissime interazioni necessarie al nutrimento e all’igiene. Dopo 3 mesi di assenza di contatti i bimbi svilupparono una grave apatia, inespressività del volto, ritardo motorio e deterioramento della coordinazione oculare. Nelle loro culle si formò un avvallamento che li avvolgeva completamente. I bambini entravano in uno stato che Spitz equiparò al letargo: se ne stavano immobili in quelle nicchie che per molti divennero le loro tombe. Entro la fine del secondo anno di vita, il 37% dei 91 bambini, pur essendo stati alimentati correttamente, morì. Morirono con i segni clinici del marasma, una malattia provocata dalla carenza proteica tipica della denutrizione. Morirono i bambini che stavano in fondo alla camerata e che avevano ricevuto cibo senza contatti interpersonali. Chi riuscì a sopravvivere non fu in grado di parlare o di camminare.
Tornando ai giorni nostri possiamo renderci conto di quanti danni possa arrecare ai nostri anziani il mancato contatto fisico e affettivo a causa del Covid19. Il contatto fisico si traduce in affetto, desiderio di vivere e di far vivere, desiderio di portare sul corpo dell’altro il messaggio dell’essere amato, ovvero, comunicare un messaggio di vita. Ciò è particolarmente vero per le persone anziane che spesso sono sole. Ben venga, pertanto, la stanza degli abbracci. Anzi credo sia proprio il caso che tale stanza permanga anche quando il Covid sarà debellato, quando l’unica pandemia dalla quale proteggersi rimarrà quella dell’indifferenza, del non saper comunicare affetto e del mancato contatto tra le persone. Malattie di tempo ipertecnologico e consumistico che ci ha portato a perdere ciò che di più autentico abbiamo: la nostra umanità.