Il Papa e Israele
Papa Francesco è giuridicamente sovrano dello Stato della Città del Vaticano, che non fa parte delle Nazioni Unite Onu, mantiene lo status di “osservatore permanente” e può partecipare attivamente alle conferenze organizzate dall’Onu. Sul tema del conflitto in Israele è intervenuto in sincronia e anticipo rispetto all’Onu. Negli ultimi mesi Papa Francesco ha apertamente denunciato ogni violenza: “Che le armi si fermino, il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione” (“Angelus” domenicale - ottobre 2024); “Ogni guerra è una sconfitta, preghiamo perché ci sia pace in Israele e in Palestina”. Ha stigmatizzato la ferocia della violenza in Israele, provocante centinaia di morti e feriti, ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime e chiesto più volte la cessazione del fuoco. Nel mese di novembre il Papa utilizzava il vocabolo “genocidio” riferendosi al massacro in Gaza, ricevendo reazioni e minacce di ritorsione da parte dei rappresentanti di governo israeliano. Tuttavia, in sincronia con gli interventi del Papa, si registrano posizioni di altri Paesi (Spagna, Irlanda, Norvegia ecc.). La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso ordini di cattura dei rappresentanti di Hamas e di Netanyahu. Ma vi è dell’altro.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite – in linea con le preoccupazioni del Papa – ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia CIG (ex art. 96 Carta delle Nazioni Unite), un parere consultivo (con termine al 28.2.25) sull’obbligo di Israele di rispettare le attività delle Nazioni Unite, di altre organizzazioni internazionali e di stati terzi in relazione al territorio palestinese occupato. Il riferimento è anche agli attacchi dell’esercito israeliano verso componenti dell’Onu. Si chiede l’applicazione delle norme e dei principi del diritto internazionale (la Carta delle Nazioni Unite, il diritto internazionale umanitario, i privilegi e le immunità per le organizzazioni e gli stati internazionali). È dovere (vedi il parere di luglio 2024 della CIG) di una potenza occupante di amministrare il territorio occupato a beneficio della popolazione locale, in particolare Israele non ha diritto alla sovranità o all’esercizio di poteri sovrani in nessuna parte del territorio palestinese occupato. Israele deve o no garantire e facilitare la fornitura senza ostacoli di beni urgenti essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile palestinese, così come i servizi di base di assistenza umanitaria ed il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione? L’Onu sta avviando in modo “soft” la procedura di responsabilità di Israele. Come sempre la procedura parte molto da lontano, ma come abbiamo già visto (caso “Ungheria”) è inesorabile. Il Papa è stato anticipatore.
@Foto N. Saleh