Il nuovo messale non cambia rito
Da alcuni giorni i sacerdoti hanno tra le mani la nuova edizione del Messale Romano che diventerà obbligatorio a partire dalla prossima Pasqua, ma potrà essere utilizzato immediatamente, secondo le indicazioni del Vescovo: dal 29 novembre, prima domenica di Avvento, in tutte le parrocchie della Diocesi e delle Diocesi della Conferenza episcopale lombarda, si utilizzerà la nuova edizione. Cosa cambia per i fedeli? Scorrendo la Messa dai Riti di inizio, notiamo piccoli cambiamenti. Nel saluto liturgico si utilizza il plurale “siano” al posto del singolare “sia”, quando il soggetto è plurale: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore del Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (cf. 2 Cor 13,13); “La pace, la carità e la fede da parte di Dio Padre e del Signore nostro Gesù Cristo siano con tutti voi” (cf. Ef 6,23). Alla possibilità di scelta tra un saluto e l’altro, corrisponde il riferimento alle parole bibliche. E il fatto che la rubrica dica “oppure” e non “con queste e altre parole” chiede di scegliere tra i saluti biblici proposti, senza inventarne di nuovi.
L’atto penitenziale e il Gloria. L’atto penitenziale presenta un’unica variazione di rilievo, ovvero, dove l’assemblea si esprime al maschile e al femminile: “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli e sorelle… e supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro”. La stessa variazione la troviamo nelle altre monizioni della Messa che prima riportavano solo il riferimento generico ai fratelli. Nel Gloria cambia il testo: “E pace in terra agli uomini, amati dal Signore”. Rispetto al testo precedente, che seguiva l’antica traduzione latina della Vulgata di Girolamo (et in terra pax hominibus bonae voluntatis) si è più fedeli all’originale greco del testo di Luca, dove gli uomini sono oggetto della benevolenza e dell’amore di Dio.
La struttura. La struttura della Liturgia della Parola rimane invariata ed è prevista la possibilità di professare il Simbolo apostolico, al posto di quello niceno-costantinopolitano. Nelle preghiere eucaristiche, invece, vi sono piccole variazioni di traduzione, oltre che di posizione.
Riti di comunione. Nei riti di comunione spicca la nuova traduzione del Padre nostro, su cui tanto si è discusso. Qui le variazioni sono due: l’aggiunta di un “anche” (rimetti a noi i nostri debiti, come “anche” noi li rimettiamo ai nostri debitori) e il “non abbandonarci alla tentazione”. Anche in questo caso si è cercato di tradurre più fedelmente il testo greco del vangelo, secondo la nuova edizione della Bibbia Cei 2007. Nell’invito alla pace, compare il linguaggio del dono: “Scambiatevi il dono della pace”, anziché il “segno di pace”.
Ecco l’Agnello di Dio. Ma il cambiamento più significativo è quello che troviamo nel momento rituale che segue la frazione del pane eucaristico, relativamente alle parole che accompagnano il gesto del mostrare l’ostia sollevata sulla patena o sul calice. Anziché la successione: “Beati gli invitati alla cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, troveremo la successione: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”.
Nuova formula di congedo. Nei riti di conclusione, infine, è stata aggiunta una nuova formula di congedo, proveniente dalla terza edizione latina: “Andate e annunciate a tutti il Vangelo del Signore”. Una piccola variazione riguarda pure la formula: “La gioia del Signore sia la nostra forza”, che diventa, in sintonia con il testo di Neemia 8,10, “la gioia del Signore sia la vostra forza”.
Cambiamenti minimi. Come si può notare, i cambiamenti rituali sono davvero minimi: circa le parti recitate dall’assemblea, la scelta è stata quella di non apportare alcuna modifica, eccetto quelle ritenute più necessarie (al Confesso, al Gloria, al Padre nostro). Anche se non sono mancate critiche e osservazioni da parte di alcuni teologi, merita comunque sostare su alcune di queste variazioni, che per quanto piccole, sono significative di una sensibilità da affinare e di una ritualità da valorizzare.