Il mito di Olimpia
Le sacerdotesse tenevano sempre accesa la sacra fiamma in onore degli Dei. Pena la morte, non doveva mai spegnersi. Ancora oggi, un’attrice che si finge sacerdotessa, davanti al tempio della dea Giunone, moglie di Zeus, accende la sacra fiamma che viene portata dai teofori nella città che ospita i Giochi Olimpici: quest’anno tocca a Parigi. Le Olimpiadi, però, non sono più giochi in onore degli dei, ma un grande evento sportivo, mediatico ed economico. Può sembrare strano che una competizione maschile tra atleti e guerrieri fosse affidata alla protezione di Giunone: la regina degli dei, la donna ideale, la dea del matrimonio e della famiglia. Da questo, intuiamo quanto le Olimpiadi non fossero soltanto un gioco di virilità. Il genio femminile esaltava fin da allora la necessità di andare oltre la competizione fisica dando spazio alla divinità, ai sogni di gloria, alle emozioni. Chi gareggiava non era un semplice guerriero prestato al gioco: erano uomini di governo conosciuti e stimati. Dotati non soltanto di muscoli e di armi, avevano quel tanto di intelligenza per camminare a braccetto con la religiosità, le arti e la cultura del tempo.
Gli scavi archeologici ad Olimpia ci testimoniano resti di antichi templi, teatri, monumenti e statue. Era una civiltà, all’interno della quale sport e fede, sport e cultura, sport e società camminavano a braccetto. Non confondiamola, dunque, con una semplice palestra per gladiatori. Il fuoco sacro della sacerdotessa richiamava in quei giorni i più famosi filosofi, retori, drammaturghi e storici. Tutti facevano a gara per essere presenti e divulgare le proprie opere. Oggi le chiameremmo manifestazioni collaterali. Perché oggi abbiamo reso collaterale la sostanza per mettere al centro l’effimero.
La fiamma della sacerdotessa dovrebbe illuminare e riscaldare anche gli uomini d’oggi. Non limitarsi a essere un ornamento che segna l’inizio e il termine dei giochi olimpici. Illuminare: anzitutto, la grandezza e la miseria dell’uomo. L’uomo può sempre andare oltre i propri limiti raggiungendo nuovi traguardi attraverso gli esercizi, la rinuncia, il sacrificio. Ma può cadere per raggiungere lo stesso obiettivo attraverso la corruzione, il doping, l’inganno… Perfino la tifoseria, già allora, era fonte di grandezza e di miseria al punto che Crisostomo, vedendo una città “vittima di una strana malattia e folle di passione”, esclamò: “Quale rimedio per la vostra follia, quale Dio potrà guarirvi?”.
Riscaldare: non i muscoli, ma il cuore dell’uomo. E un corpo, un cuore e una mente – freddi perché senza divinità – conducono alla guerra.
Re Teodosio, nel IV secolo, con la volontà di abolire i culti pagani, vietò i Giochi Olimpici. La fede non accettava offese al corpo. Nel XIX secolo iniziarono le Olimpiadi moderne: si voleva ribadire il primato dell’uomo sulle macchine industriali. La fede era un di più. E ora, nel terzo millennio, quale sacerdotessa potrà mai chiedere all’Intelligenza Artificiale di riscaldare il cuore dell’uomo?
Oggi, l’atleta è una macchina umana perfezionata con l’ausilio della scienza e della tecnica. Non si sottomette alla sacerdotessa, ma porta sempre con sè un amuleto o compie un gesto scaramantico. Siamo proprio sicuri che è questa la migliore Olimpiade possibile? Ci accontentiamo del conteggio delle medaglie vinte?
O possiamo desiderare uno sport a servizio dell’uomo, della cultura e della fede? Torna tra noi, sacerdotessa di Olimpia!