Il Gay Pride che non fa discutere
Questa volta il Vescovo non ha parlato. Hanno però parlato poco anche i laici cristiani. Non sono forse questi i temi dell’umano che dovrebbero vederli più protagonisti nel dibattito pubblico?
Il silenzio è spesso un valore. Qualcuno lo evoca in talune circostanze citando la nota frase attribuita a Dante Alighieri: “Il bel tacer non fu mai scritto”. Anche se “chi tace, non sempre acconsente”, semplicemente non dice o non ritiene opportuno dire niente. Qualche sollecitazione sul presunto silenzio del mondo cattolico davanti al Gay Pride bresciano di sabato scorso è arrivata anche a noi. Non tante per la verità. Il silenzio può essere interpretato in diversi modi, di certo esprime la volontà di non lasciarsi trascinare in dibattiti facilmente strumentalizzabili soprattutto sul piano politico e ideologico. A manifestazione avvenuta ci si può arrischiare in qualche breve nota.
Circa il diritto di manifestare il proprio pensiero, nessun problema. Grazie a Dio, e soprattutto alla Costituzione, in Italia tutti hanno il diritto di esprimere le proprie idee e opinioni (art. 21) e semmai di scendere in piazza per dar voce alle proprie ragioni. Vale per i partiti, i sindacati, i movimenti, le confessioni religiose, i semplici cittadini di ogni razza, cultura, orientamento sessuale... C’è chi in corteo pronuncia slogan, c’è chi sta in piedi in silenzio, c’è chi urla le sue idee, c’è chi prega e cammina. Manifestare liberamente il proprio pensiero è un diritto e per lo Stato è una garanzia imprescindibile. A tutti è richiesto il rispetto delle cose e delle persone, se poi chi manifesta affianca sobrietà e pacatezza nei modi allora le ragioni espresse, paradossalmente, acquisiscono maggior forza e dovuto rispetto. Non si potranno condividere tutte le idee, ma bisogna dare atto che Brescia, sabato scorso, non ha subito col Gay Pride un “temuto” assalto folkloristico e macchiettistico, ma un’espressione del pensiero rispettosa ed equilibrata. Circa il tema in oggetto, poi, il silenzio presunto nulla aggiunge o toglie a ciò che la Chiesa anche in tempi recenti ha detto e scritto circa la condizione delle persone omosessuali. Dal catechismo della Chiesa cattolica alle parole di papa Francesco lo sguardo è e resta per la comunità cristiana primariamente pastorale e di vicinanza.
Ma per tradurla in bresciano (o emiliano) si potrebbe utilmente riprendere un articolo che il vescovo Monari scrisse in occasione di un Gay Pride del 2000 sul settimanale diocesano “Nuovo Giornale” di Piacenza dal titolo: “Fermi sulla morale, aperti alla persona” (facilmente rintracciabile in rete). La sua attualità è intatta anche dopo diciassette anni e il solo titolo basterebbe a farne la sintesi più fedele. Infine, circa ciò che resta dopo la giornata del 17 giugno si potrebbero aprire molti quesiti, ma al centro resta la vita delle persone. La percezione che su questi temi il dibattito sia ancora troppo politicizzato e pieno di tabù tocca anche il contesto ecclesiale. È vero, questa volta il Vescovo non ha parlato. Hanno però parlato poco anche i laici cristiani. Non sono forse questi i temi dell’umano che dovrebbero vederli più protagonisti nel dibattito pubblico? Fino ad allora le voci più visibili resteranno sempre e solo quelle di chi parte da posizioni estreme.