Il figlio
La morte può attendere. Ma non sempre. Purtroppo. Il film “The son” (“Il figlio”) offre uno sguardo impietoso sulla nostra società. Mette a nudo le tante fragilità che spesso preferiamo non vedere. Ci interroga. È interessante osservare la fotografia del regista Florian Zeller che offre un punto di vista diverso e che, per certi versi, ha quasi il sapore della condanna del contesto in cui viviamo segnato e caratterizzato dall’esistenza di legami sempre più fluidi. A volte noi adulti pensiamo che i nostri comportamenti non abbiano delle ricadute sugli altri.
Prendiamo con leggerezza alcune decisioni o ne sottovalutiamo le conseguenze. Va anche detto che la vita diventa spesso un peso difficile da sopportare anche per chi non deve affrontare particolari traumi esistenziali. E non conta neppure l’età/esperienza. Il protagonista della pellicola, un giovane di 17 anni, si ritrova senza certezze dopo la scelta del padre di abbandonare la famiglia per costruirne un’altra. Si sente incapace di reggere l’urto. Abbandona la scuola, non ha amici. L’esistenza diventa improvvisamente insostenibile. Non serve, però, guardare oltre oceano.
Perché vale la pena vivere? Almeno una volta tutti, forse, ce lo siamo chiesti. Dall’altra parte ci sono due genitori che, pur avendo brillanti carriere e studi alle spalle, non riescono a leggere la situazione. Non hanno gli strumenti. Un po’ come succede a tutti noi quando ci relazioniamo con gli adolescenti e i preadolescenti. Lasciamoci consigliare, confrontiamoci, per non lasciare nulla di intentato. Il quadro scenico è complicato dalle insicurezze di un padre che a sua volta porta dentro di sé il peso di un rapporto imperfetto con il proprio papà. Riversa sul figlio le tante aspettative di successo, gli pianifica la strada perché possa avere un percorso migliore del suo.
Si mette in gioco, prestando le dovute attenzioni, senza però praticare l’arte dell’ascolto sincero. La ripetuta domanda “dimmi perché lo fai?” diventa, però, inutile se l’altra persona sta esplicitando semplicemente una sofferenza. Non ci sono sempre risposte razionali nelle quali rifugiarsi. Dobbiamo trovare il coraggio di farci accompagnare perché da soli difficilmente riusciamo a liberarci di quello che opprime il nostro cuore. Ognuno di noi è quel qualcuno per cui vale la pena vivere.