Il difficile equilibrio nella coscienza
A qualche giorno di distanza dalle terribili giornate di Parigi restano aperte tante domande. Dopo Chalie Hebdo, ai giornalisti, soprattutto, quella di risolvere nella propria coscienza la continua dialettica tra liberttà di espressione e responsabilitá.
Nel nome di Charlie Hebdo si è difeso con tutta la forza il diritto alla libertà di stampa. Un diritto al di sopra di tutto? No. "Come tutti i diritti infatti, - ha scritto un giornalista agnostico in questi giorni - anche quello della libertà di espressione non dovrebbe essere inteso privo di limiti etici, come un ente assoluto, proprio perché i diritti, se portati all’estremo, non sono più compatibili tra loro e la magnificazione dell’uno va a scapito di un altro. Così, la libertà di deridere una religione si scontra con il diritto al rispetto e all’onorabilità culturale e religiosa. Diritti e responsabilità non dovrebbero venire mai disgiunti proprio perché incarnano quella tensione, quel compromesso che dovrebbe essere alla base della convivenza tra persone e gruppi che trovano identificazione in oggetti diversi".
Una riflessione che fa pensare soprattutto noi, che da giornalisti viviamo le logiche a volte stringenti del sistema che ci vorrebbero sempre sopra le righe, sfrontati e graffianti per dimostrare di non essere sottomessi a niente e a nessuno (se non alle stesse logiche del mercato dei media che tracciano la nostra linea editoriale). Un equilibrio non facile che si gioca fuori e dentro di noi. Soprattutto quello tra libertà e responsabilità si consuma dentro la nostra coscienza, il nostro buon senso, la nostra capacità di scegliere cosa pubblicare oppure no, di stare o non stare in un determinato giornale. È la nostra sfida, il nostro dramma e quello su cui siamo, ogni giorno, giudicati.