Il conclave laico
La scritta vomitata sul muro della sede cittadina della Cgil richiede di più di un semplice “siamo tutti della Cgil” con cui va di moda esprimere solidarietà, per non lavare via in modo troppo veloce, come la vernice, la questione che sta a monte e che non è scritta sul muro ma nel cuore di qualcuno. Così in profondità che non sembra venir via e, ogni volta che la si ritrova, imbratta sempre di più e ferisce allargando la cicatrice: vale per il processo di Piazza Loggia che aggiunge l’ennesimo pezzo, o per la negata estradizione dei terroristi da parte della suprema corte francese, e via dicendo…
Sembra che non riusciamo più a capirci e non troviamo un metodo intelligente per farlo. Se si potesse mi piacerebbe fare una specie di conclave laico: tutti, ma proprio tutti, rinchiusi in una stanza: governo e opposizione, sindacato e industriali, credenti e laici, vax e no vax, destra e sinistra, su e giù, gialli, verdi, blu, fuxia, neri, bianchi e anche tutti i colori che non abbiamo ancora scoperto o inventato… Dovremmo uscire da lì solo quando abbiamo trovato un punto su cui riusciamo a volerci bene. Uno solo. Chiaro, piccolo, per aiutarci senza dichiarazioni formali a non sporcare ma a pulire, a non urlare ma ad accarezzare, a non dividerci ma ad unirci.
