Il codice abbigliamento
Anche le vesti liturgiche, come ogni abito, sono perciò in relazione con l’immagine che il presbitero ha di sé o che vuole dare di sé, come ministro ordinato e, di conseguenza, l’immagine di Chiesa che con le vesti liturgiche si intende rappresentare ed esprimere
Il codice di abbigliamento è un insieme di regole scritte, ma il più delle volte tacite, relative all’abbigliamento da adottare nelle diverse circostanze. Tutte le società, nel corso della storia, hanno elaborato un codice di abbigliamento, per dare un’indicazione del rango sociale, della classe a cui un individuo appartiene, la sua professione, la religione, il suo stato civile, come la fede nuziale nelle società occidentali. In alcuni casi possono anche indicare la nazionalità delle persone, o la loro appartenenza politica. Insomma, se è pur vero che non è l’abito a fare il monaco, è altrettanto vero che l’abito ci rappresenta. Anche le vesti liturgiche, come ogni abito, sono perciò in relazione con l’immagine che il presbitero ha di sé o che vuole dare di sé, come ministro ordinato e, di conseguenza, l’immagine di Chiesa che con le vesti liturgiche si intende rappresentare ed esprimere. Certo, sappiamo, che nei primi tre secoli, non si registrano vesti liturgiche, forse come segno di rottura con la liturgia ebraica. Ma con l’imperatore Costantino, al Vescovo viene riconosciuto l’uso delle insegne dignitarie imperiali. Egli quindi presiede le celebrazioni liturgiche rivestito delle sue insegne, che, sebbene non avessero un carattere religioso, lo distingueranno dal resto del popolo di Dio, come colui “che compie azioni sacre”.
Per sua natura l’abito è sempre frutto di un immaginario e, al tempo stesso, genera un immaginario, per questo il presbitero che sceglie di indossare, oggigiorno, abiti liturgici di forma e foggia barocca, proietta un immaginario barocco su sé stesso e sull’intera liturgia che presiede. Anche inconsapevolmente, realizza un’immagine di Chiesa e di ministero ordinato che non corrisponde all’oggi tanto della Chiesa quanto del mondo nel quale essa vive e con il quale si realizza. Si attua e, in certi casi si persegue una distanza spirituale e culturale tra la rappresentazione che nella liturgia si dà della Chiesa e l’oggi della storia. Una consapevole non accettazione del presente è sempre una fuga dalla realtà. Questo spirito è bene espresso nell’accenno che il Vaticano II riserva alle vesti liturgiche: “Nel promuovere e favorire un’autentica arte sacra, gli Ordinari facciano in modo di ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità. E ciò valga anche per le vesti e gli ornamenti sacri” (SC 124), come per quei preti che, dimenticando le vesti liturgiche in sacrestia, sembrano aver scordato la dimensione sacrale dell’azione liturgica.