Il bisogno di pensiero
Un professore popolare prestato alla politica. Forse potrebbe essere questa la sintesi dell’impegno di Sandro Fontana (1936-2013), di cui, nei giorni scorsi, è stato tracciato un profilo in due convegni: il primo in Statale e il secondo promosso al San Barnaba dalla Fondazione Luigi Micheletti e dalla Fondazione Civiltà Bresciana. Tutti hanno cercato di delinearne la vivacità intellettuale, la passione per il bene comune e l’impegno quotidiano sui temi sociali. Uomo di cultura e profondamente legato alle sue origini valtrumpline, non ha mai perso il contatto con la realtà. Ha metabolizzato e difeso la lezione popolare di Sturzo, che ha inserito, insieme a De Gasperi e a Moro, nel libro “I grandi protagonisti del popolarismo italiano”. È stato l’ideologo della sinistra sociale della Democrazia Cristiana.
Il suo cursus honorum è vasto: vice segretario nazionale della Democrazia Cristiana e Presidente del Centro Cristiano Democratico; è stato Ministro dell’università, Vice Presidente del Parlamento europeo e senatore della Repubblica nella X e XI legislatura.
Contribuì alla nascita del Centro Cristiano Democratico, di cui assunse anche la presidenza, e all’alleanza elettorale e politica con la prima Forza Italia di Silvio Berlusconi, nel 1994. Fu tra coloro i quali favorirono l’ingresso del partito di Berlusconi nei Popolari Europei. Fontana amava firmare con lo pseudonimo Bertoldo, il contadino dalle mani grandi e dal cervello fino, i corsivi graffianti su “Il Popolo” che ha diretto per molti anni. Come professore universitario, denunciò “La grande menzogna”, titolo anche di un suo libro, che ha segnato il racconto politico del Novecento. Ricordare Fontana a 10 anni dalla morte non è un semplice esercizio di seppur doverosa memoria, ma è un tentativo di raccogliere quei semi in grado ancora oggi di generare frutto. Cosa consegna allora oggi a noi, uomini e donne del ventunesimo secolo? Lui e altri protagonisti di quella stagione hanno dimostrato che la politica diventa credibile nella misura in cui è sostenuta e alimentata da un pensiero. Diversamente, corre il rischio di diventare sterile e di essere concentrata solo sul fare o sul tamponare le emergenze. Certo anche noi elettori abbiamo una grande responsabilità nella misura in cui giudichiamo e votiamo con entusiasmo il pragmatismo. Abbiamo bisogno di una nuova visione per l’Europa, per il Paese e per le nostre città. Abbiamo bisogno di una politica che affronti il problema delle disuguaglianze sociali, che persegua la pace, che tuteli i lavoratori, che promuova la vita in tutte le sue forme e che costruisca un futuro più sostenibile. Abbiamo bisogno di un pensiero.