Il 2030 arriverà molto in fretta
Il problema non è dunque quello di cancellare le ultime riforme pensionistiche (la Corte dei Conti ha quantificato in 30 miliardi l’anno il risparmio determinato dagli interventi del 2007 e quello del 2011) ma di attualizzarle. Leggi l'editoriale di questa settimana a firma di Guido Costa
L’innalzamento dell’età pensionabile e la mancanza di flessibilità sul momento in cui un lavoratore può scegliere di andare in pensione sono elementi che rallentano il mix generazionale nei luoghi di lavoro e allargano le fila dei giovani disoccupati? Sì, purtroppo sì. Deve essere risolto lo svantaggio pensionistico delle donne che si ritrovano con molti meno contributi rispetto ai colleghi uomini avendo dovuto lasciare il lavoro per la maternità e la cura dei figli? Certo che sì. È necessario che l’età pensionabile sia minore per chi svolge lavori particolarmente duri? Ovviamente sì. Questo è ciò che ci si aspetta dal Governo e che le parti sociali dovrebbero concorrere a concretizzare.
Anche la sperimentazione sul part-time agevolato per i lavoratori vicini alla pensione meriterebbe forse meno sufficienza: quel che manca oggi, il collegamento tra l’attivazione del part-time e l’assunzione di un giovane, potrebbe diventare strutturale domani. “Ci sono margini per ragionare sugli strumenti e sugli incentivi e sui legami tra sistema pensionistico e mercato del lavoro – ha detto in Parlamento il ministro dell’Economia Padoan – per migliorare le opportunità per chi sta per andare in pensione e per chi deve entrare nel mondo del lavoro”. Un circolo virtuoso da riattivare. In fretta. Il 2030 è domani.
GUIDO COSTA
21 apr 2016 00:00