Idrogeno: una questione di chimica (e di mercato)
L’idrogeno viene da alcuni invocato come soluzione fondamentale per la decarbonizzazione dell’energia. Per ottenerlo, tuttavia, occorre applicare processi industriali che a loro volta assorbono grandi quantità di energia, quindi molto costosi e generatori di emissioni. I suoi impieghi energetici sono essenzialmente due: l’idrogeno può essere bruciato, in miscela con o al posto del metano, per produrre calore industriale o domestico, oppure convertito in energia elettrica attraverso celle a combustibile.
Partiamo dal primo. Bruciando idrogeno si produce solo vapore acqueo, quindi se sapessimo come superare gli elevati costi e le difficoltà tecniche del suo trasporto e stoccaggio, la sostituzione sembrerebbe fattibile, ma l’ostacolo più arduo resta il costo della sua produzione. Semplificando, si sottopone l’acqua a un processo di elettrolisi, energeticamente dispendioso. L’unica varietà di idrogeno che su questo piano ha senso produrre è quella generata mediante energia elettrica da fonti rinnovabili, principalmente fotovoltaico ed eolico. Questa varietà “verde” però oggi è praticamente insignificante, perché l’elettricità da fonti rinnovabili è giustamente impiegata per sostituire le fonti fossili nel mix energetico primario. Quindi, almeno a medio termine, non ci sono le condizioni tecnico-economiche perché si possano ridurre le emissioni sostituendo su larga scala l’idrogeno al metano nei processi industriali o per il riscaldamento domestico. Anche per quest’ultimo l’elettrificazione è la via maestra: le odierne pompe di calore sono molto più efficienti (di circa sei volte) della combustione di idrogeno, che oltretutto fronteggia difficoltà tecniche enormi per un impiego domestico su larga scala.
Per le stesse ragioni economiche, l’uso dell’idrogeno per la mobilità, compresa quella ferroviaria, avrà senso solo se e quando se ne disporrà in quantità massicce della varietà verde, il che presuppone però che il dispiegamento delle rinnovabili sia decisamente più avanzato rispetto a oggi. Meno problematico, quindi più promettente, potrebbe essere entro una decina d’anni l’impiego dell’idrogeno verde come combustibile nei processi industriali più energivori, nel trasporto pesante, e per lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili. Ma per rendere economicamente vantaggioso l’idrogeno per questi usi occorrono investimenti adeguati e una regolazione incentivante, in grado di far crescere di molto e simultaneamente offerta, domanda e infrastrutture per la produzione e l’uso dell’idrogeno verde. Tutto ancora di là da venire.