di DAVIDE GUARNERI
30 lug 2015 00:00
Ici: chi teme il pluralismo?
Gli enti locali risparmiano 150 milioni all’anno grazie alla sola presenza delle scuole dell’infanzia paritarie
Gli enti locali risparmiano 150 milioni all’anno grazie alla presenza delle scuole dell’infanzia paritarie: ma si grida alla sottrazione di fondi alla scuola statale, quando la spesa per le paritarie è calata da 538 milioni di euro (governo Prodi con ministro Fioroni) a 471 (governo Renzi con ministro Giannini). Dando lavoro a circa 100mila dipendenti, le scuole paritarie pagano Tares, Tasi, Iva, sono regolarmente sottoposte al controllo degli Uffici scolastici regionali, somministrano le prove Invalsi, hanno inviato a chi di dovere il Rapporto di autovalutazione. Regione Lombardia ha emesso un bando sull’edilizia scolastica, specificando che è rivolto alle scuole statali. I (pochi) fondi dal Miur per le scuole paritarie sono pervenuti in Regione in aprile e, ad oggi, dopo tre mesi, non sono ancora stati inviati alle scuole, che attendono gli arretrati degli anni 2013, 2014 e 2015. Se la scuola paritaria è pubblica come l’altra, perché quella statale non paga l’Ici? Se la scuola paritaria è senza scopo di lucro, da dove trarrà il reddito per pagare altre tasse? Fra le scuole paritarie qualcuno inizia a proporre l’uscita dal sistema pubblico, che impone solo obblighi senza alcun corrispettivo. Altri suggeriscono una serrata...
Perché un sistema formativo funzioni, la scuola deve essere plurale. È il principio dell’autonomia, che fa sì che, a Brescia, per esempio, i prestigiosi licei statali Calini, Copernico e Leonardo siano profondamente diversi fra di loro. Pluralismo è qualità e ricchezza di prospettive per tutti. Tranne che in Italia, dove lo Stato vuole il pluralismo a costo zero per se stesso, abbattendo, di fatto, la concorrenza. Si invocano, quando serve, le regole europee, dimenticandole nelle occasioni scomode.
DAVIDE GUARNERI
30 lug 2015 00:00