Guerra ed export di armi
“Quando scoppia la guerra, la prima vittima è la verità”. Lo disse nel 1917 il senatore americano Hiram Johnson. E lo ripeteva spesso Gino Strada. Lo sanno bene i militari e le aziende che producono armamenti: l’informazione è centrale nel sistema di guerra. E così i silenzi, la segretezza, l’opacità. Il vero nemico è innanzitutto la trasparenza. Non è un caso, quindi, che in un tempo di “terza guerra mondiale a pezzi” (Papa Francesco) chi produce e commercia armi e sistemi militari cerchi di mantenere sotto silenzio o di ridurre al minimo le informazioni sulle destinazioni dei propri prodotti: “riservatezza commerciale” e “tutela degli interessi strategici” sono il mantra che viene ripetuto per cercare di nascondere ai cittadini informazioni importanti riguardo all’operato delle aziende del comparto militare-industriale.
A questo sistema di silenzi e opacità sui commerci italiani di armi aveva posto fine la legge n. 185 che nel 1990 ha stabilito “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. La legge fu il risultato di anni di mobilitazione della società civile, soprattutto delle associazioni cattoliche: prima, per cinquant’anni, era rimasto in vigore il Regio Decreto fascista che imponeva il segreto di Stato sull’intera materia. I produttori di armi non hanno mai digerito la nuova legge e la relazione che la Presidenza del Consiglio deve inviare ogni anno alle Camere per documentare in dettaglio tutte le operazioni autorizzate e svolte dalle aziende sull’import-export di armi e sistemi militari: “troppe informazioni, troppa trasparenza persino sulle banche che finanziano le industrie della difesa”. Nel corso degli anni si sono dati da fare per modificare la legge e soprattutto la relazione del governo.
Il colpo di grazia lo sta assestando proprio in questi giorni il governo. Un disegno di legge, già approvato in Commissione Affari esteri e difesa al Senato col pretesto di apportare “alcuni aggiornamenti” alla legge di fatto intende sottrarre informazioni rilevanti dalla relazione governativa. Non sarà più possibile sapere i tipi, le quantità e i valori degli armamenti esportati. E verrà cancellata dalla Relazione tutta la documentazione sulle banche attive nel settore. Non sapremo più quali sono le banche, nazionali ed estere, traggono profitti dal commercio di armi, in particolare verso regimi autoritari e Paesi coinvolti in conflitti armati. La Rete italiana pace e disarmo sta predisponendo una forte mobilitazione per impedire che le vendite di armi tornino ad essere circondate da una pericolosa opacità. Opacità che è l’olio nel motore della guerra.